I lanciatori di "m."
Da alcuni decenni si sono insediati a Galatina. Si aggirano nel centro antico ma non disdegnano le periferie. Hanno sempre l’aria ingrugnita e nessuno li ha mai visti sorridere. Neanche a Natale. Sembrano sempre preoccupati ma si può stare certi che non stanno pensando a nulla. Indossano un originale copricapo con uno specchio davanti agli occhi in cui vedono perennemente riflessa la propria immagine. Contro di essa continuamente imprecano.
Sono “I lanciatori di m.”. Si tratta di una tribù parassita che si alimenta via internet e ogni tanto sbocconcella qualche pagina di giornale cartaceo. Sono quattro gatti ma si credono la maggioranza. Si accoppiano fra di loro ma con scarsi risultati riproduttivi. Sono in via di estinzione e vorrebbero trascinare verso il loro inevitabile destino chiunque incontrino. Hanno una tecnica sperimentata, attribuita a Voltaire ma già codificata da Francesco Bacone: “Calunniate, calunniate, qualcosa resterà”. Ecco perché come oggetto da lanciare hanno scelto la “m.” e non un’altra qualsiasi lettera dell’alfabeto.
Avrebbero potuto utilizzare la “i.” e fare 'inchieste' giornalistiche documentate. Con una bella “f.” e con un po’ di impegno sarebbero riusciti ad elaborare una “filosofia” su cui discutere con gli altri. Sarebbe stato troppo chiedergli di appropriarsi di una “p.”, dal momento che, per loro, la ‘politica’ è solo una serie di affari da concludere sempre con un proprio tornaconto.
Alla “r.” non hanno pensato perché la ‘responsabilità’ è troppo pesante da sopportare e soprattutto non la si può lanciare contro qualcuno. Bisogna assumersela. C’è, poi, una consonante che non riescono proprio a pronunciare ed è la “b.”. Preferirebbero tagliarsi la lingua piuttosto che dire “brava” ad un’altra persona. Riconoscere i talenti altrui e mettere a frutto i propri per confrontarsi è esercizio troppo faticoso.
Anche la “n.” gli è venuta a noia. Il ‘Natale’, per loro, è solo un’occasione in più per il lancio di “m.”.
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