"Un giorno sull’altare di una chiesa"
Mani ruvide e laboriose lo fecero cadere nei solchi della umida campagna, sotto un cielo grigio di nuvole e carico di pioggia di un mattino di tardo inverno. Là, nel silenzio e nel buio carico di vita delle profondità della terra, ebbe paura ed andò a dormire sognando di rivedere il cielo. Il tempo trascorse e la madre terra, dopo averlo nutrito e fatto marcire, lo generò alla carezza del primo raggio di sole primaverile.
Ora era una piantina tenera e timida. Sentì la forza del vento che si divertiva a giocare con essa dondolandola qua e là… Sorrise alla pioggia che, senza farle del male, la bagnava di vita… Parlò con la luna nelle notti stellate di maggio…
Piano piano crebbe e si accorse che il suo aspetto era divenuto più bello. Era una spiga dorata carica di chicchi di grano e sentì la gioia di esistere.
La terra, il sole, il vento, la pioggia, la luna e le stelle la coccolarono ancora fino a che, un mattino di giugno, mani ruvide e laboriose raccolsero la sua spiga e macinarono i suoi chicchi… Ebbe tanta, tanta paura e provò dolore.
Salutò la sua terra, catturò un raggio di sole, giocò ancora una volta con l’amico vento, si fece bagnare dal pianto dalla pioggia, mandò un bacio al suo cielo stellato e se ne andò, sognando che un giorno potesse ritornare là dove aveva vissuto la sua adolescenza.
Tra i muri arcani e imbiancati di un mulino ebbe paura e abbandonò i suoi chicchi al volere di una macina. Capì che stava per morire daccapo.
Ora era bianca farina raccolta in un sacco …Ma viveva ed era felice. Sentiva ancora in sé il sapore della terra, la forza del sole, la gioia del vento e il silenzio delle stelle … Venne l’acqua, e riconobbe in essa la freschezza della pioggia…
Ora era una massa compatta… Mani infarinate ed esperte la affidarono alle fiamme del fuoco di un forno, che la riscaldò senza bruciarla. Era pane. Pane caldo, profumato, fragrante, saporito… per la fame dell’uomo. Portava con sé il sapore della terra, il colore del sole, la festa del vento, la danza delle stelle e il fragore dell’acqua…
Un giorno sull’altare di una chiesa, tra le mani umili e benedette di un sacerdote divenne pane eucaristico: pane preso, benedetto, spezzato e dato.
La storia del pane, la storia di Gesù, la nostra storia.
Ciascuno di noi è un seme che lentamente ha preso forma nel grembo buio e accogliente di una donna. Ciascuno di noi è una piantina che è cresciuta accarezzata dal soffio del vento dell’amore dei genitori e baciata teneramente dalla Grazia di Dio nel giorno del Battesimo. Ciascuno di noi è una spiga lambita dal raggio di sole del perdono misericordioso di Dio nel giorno della sua prima confessione. Ciascuno di noi è candida farina bagnata dalla freschezza della Parola di Dio che come pioggia scende nelle viscere del nostro cuore. Ciascuno di noi è un impasto lavorato dalle mani affettuose ed esperte di tutte quelle persone che abbiamo incontrato sulla nostra strada e provato al fuoco dello Spirito Santo, nel giorno della nostra confermazione, nel forno dell’amore di Dio. Ciascuno di noi è un pezzo di pane caldo, profumato, fragrante, saporito… per la fame di tutti coloro che ci incontrano sul loro cammino.
Come Gesù, ciascuno di noi dovrebbe essere pane che si lascia prendere, benedire, spezzare e dare… Ogni cristiano è chiamato a fare della sua vita un’eucaristia vivente.
Ma come potremmo mai definirci seme che muore nei solchi della terra per dare vita, se abbiamo impostato la nostra vita sulla logica dell’egoismo e del suo tornaconto, del suo interesse, del suo profitto, del suo guadagno, della sua convenienza, sulla legge sottile dell’avere e non del dare?
Come potremmo essere piantina spuntata sotto il sole primaverile del nostro sud, se abbiamo preferito costruire il nostro essere investendo sulle sterpaglie che pungono e feriscono la dignità altrui? O se più che piantina innocente abbiamo preferito essere rovi appuntiti, che si inerpicano nella vita degli altri fino a soffocarli con la nostra invadenza e la nostra morbosa curiosità, o se abbiamo preferito essere pruni che hanno piantato le loro radici qua e là riducendo la possibilità a chi ci sta attorno di esprimersi liberamente, o se abbiamo preferito essere sterpeti che soffocano il grido dei più bisognosi e dei più poveri ed indifesi?
Come potremmo essere spiga di grano che biondeggia sotto il sole estivo se più che del colore, della forza e del vigore del sole dei valori evangelici abbiamo preferito essere fuscelli che al primo soffio del vento delle mode e delle tendenze moderne, vengono spezzati e seccano senza lasciare traccia? Come potremmo dire che siamo pronti per la mietitura se abbiamo paura della falce del contadino che ci destina al mulino dove siamo chiamati a dare prova della nostra capacità di sacrificio e di dono?
Come potremmo essere candida farina se non accettiamo la logica della macina che, nella vita, ci chiama a diventare granuli piccoli piccoli, umili e semplici; se non accettiamo, nella nostra esistenza, che altri possono darci forma, consigliarci per il bene, indicarci la strada, accompagnarci e farci crescere.
Come potremmo essere pane come Gesù se non sposiamo la lezione della lavanda dei piedi, del servizio gratuito, dell’amore fino alla fine, dell’inchinarsi davanti ai fratelli, del baciare i piedi e di asciugarli?
Tu, caro amico, puoi essere come Gesù. E’ il miracolo dell’amore crocifisso appena sfornato. Si, puoi essere pane caldo, fragrante, morbido, croccante, pronto ad essere benedetto, spezzato e condiviso. Pane di cui raccogliere pure le molliche che cadono sulle tavole delle nostre case, perché nulla di te vada buttato.
Caro amico che cammini su questa terra e che percorri un tratto di strada con coloro che Dio ti ha voluto mettere accanto come moglie, come marito, come figli, come genitori, come parenti, come amici, come educatori, come insegnanti, come alunni, come operai, come datori di lavoro, come, come … tante relazioni altre ancora: la vita passa e noi non siamo eterni quaggiù. Cosa ci costa rispettarci e volerci più bene, facendoci pane l’uno per l’altro?
(Omelia tenuta da don Dario De Pascalis, parroco della parrocchia di San Sebastiano, durante la missa in coena Domini)
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