Tutti al mare!
"Sono primo, sono primo", gridava qualcuno vicino ad un elenco di nomi esposto nella Parrocchia del quartiere. Siamo negli anni cinquanta e quello era l’elenco delle ammissioni alle colonie marine che si sarebbero tenute nel mese di Agosto. Era una graduatoria stilata dal parroco in base alle domande presentate nel mese di Maggio. Ma, ahimé, quel ragazzo che gridava sono primo sono primo non si rendeva conto che trovarsi in quella posizione voleva dire essere il più povero, ma allora nessuno si rendeva conto in quanto in quegli anni eravamo tutti poveri e non ci sarebbe stato bisogno di quell’elenco per misurare la povertà.
Di li a qualche mese ci ritrovammo tutti in piazza Alighieri dove c’era un pulman ad aspettarci; ci avrebbe portato a Gallipoli alla colonia marina. Eravamo accompagnati tutti dalle mamme che ci salutavano sventolando il fazzoletto e stringendo le labbra per non piangere, ( qualche anno prima quelle stesse donne avevano salutato mariti o fratelli che partivano per la guerra). Ma ora era diverso, noi partivamo per la prima volta in vacanza ed era un momento di festa. Bellissimo quel viaggio in pulman; per quasi tutti noi era la prima volta che viaggiavamo su un mezzo a motore e vedendo quel panorama che correva sotto i nostri occhi restammo incantati. Ad un certo punto, qualcuno che era seduto ai primi posti, gridò: "Il mare, il mare" e tutti ci mettemmo a guardare fuori dai finestrini.
Che bella sensazione! A me che lo vedevo per la prima volta sembrò un pezzo di cielo che si era adagiato sulla terra ma quasi nessuno di noi ragazzi aveva visto il mare prima di allora.
La colonia sul lungomare di Gallipoli (si può vedere ancora oggi) si trovava in aperta campagna fra alberi di ulivo e di mandorli. Venimmo accolti da alcune maestre che ci portarono subito in uno spogliatoio per la doccia e poi per l’assegnazione del vestiario composto da pantaloncini e maglietta uguali per tutti e della stessa misura, ma eravamo abituati all’abbigliamento di taglia abbondante in quanto anche a casa, quando ti cucivano un paio di pantaloncini, prendevano una o due misure in piu’ per poterli indossare anche nei tre o quattro anni successivi. Poi vedemmo il dormitorio e la sala refettorio (sala pranzo) e ci dissero che al suono della campanella all’incirca verso mezzogiorno ci dovevamo recare li per il pranzo.
Fu l’unica cosa che capimmo subito tutti e visto che era quasi mezzogiorno suonò la campanella e dopo un attimo avevamo preso tutti posto ai tavoli. Ma quel primo giorno fu diverso in quanto una maestra gridò: "Prima alla pesa, prima alla pesa", e ci portarono tutti un una stanza dove uno alla volta ci pesarono e annotarono tutto su un elenco.
Il giorno dopo poi quando suono’ la campanella scappammo prima tutti alla pesa pensando che ci dovevano pesare ogni giorno, cio’ che invece avvenne solo l’ultimo giorno. Il cibo era quasi sempre uguale. La mattina una scodella di acqua calda dove veniva versato un cucchiaio di farina lattea e un biscotto cosi’ duro che nemmeno il latte riusciva ad ammorbidire, a pranzo quasi sempre pasta e patate e la sera pure patate ad insalata con i pomodori. Ma eravamo tutti ben soddisfatti, almeno li si mangiava tre volte al giorno. Il mare era stupendo. Facevamo il bagno al lido ed era tutto per noi, sia il mare sia la spiaggia, solo la domenica si vedeva qualche sporadico villeggiante (confrontate con oggi). Di li ad un mese rientrammo a Galatina e potemmo abbracciare i genitori che non vedevamo da quasicinque settimane. Era troppo lontano perchè venissero a trovarci.
Bei tempi quelli! Ad ogni modo e se a qualcuno di voi giovani lettori di questa lettera può sembrare preistoria, tenete invece conto che è successo solo ieri.
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