In morte di Giuliana Cezzi Mele

Come non tracciare il suo profilo gentile, fresco come la rugiada, di moglie, di madre, di amica, di signora, di cittadina? Giuliana Cezzi Mele, amica del cuore della mia famiglia, è scomparsa il 9 Febbraio scorso. Sino all’ultimo è apparsa solare e briosa in privato come nelle cene conviviali che sapeva organizzare e animare sempre accanto al suo amatissimo consorte Gianni, con un occhio senza limiti vigile, rivolto al figlio Giovanbattista, ai miei ‘sì caro, poi esteso, con pari intensità dello sguardo e del cuore, alla nuora Giuliana.
Sovente la si vedeva in sodale compagnia dei fratelli e delle sorelle, dei cognati e delle cognate, dei nipoti. Gli amici invero si recavano con piacere alle sue feste, senza un interesse particolare, per il gusto liberatorio di stare una serata a proprio agio in buona compagnia, come usava in altri tempi in cui le macchine erano poche e la gente era più vera e si spostava da un paese all’altro o da una parte all’altra del paese giusto quando non poteva farne a meno o quando l’amicizia toccava davvero le corde del cuore.
Sapeva conquistare le persone con la cifra del cuore, Giuliana, nella gioia come nel dolore. Questo perché il cuore, in lei, non prendeva mai il sopravvento sulla ragione e così l’amico finiva col confidarsi con quella signora che usciva dagli schemi per rivelare tutti i fatti suoi, incluse le dure prove della vita.
A Giuliana piaceva sorridere alla vita in compagnia, in quella socialità gentile che, dettata dalla sua nobiltà interiore, le consentiva di destreggiarsi al cospetto del contadino come del marchese, del professore come del magistrato, dell’operaio come dell’imprenditore, non in funzione del portafoglio dell’interlocutore ma della sua dignità.
Di Giuliana gli amici coglievano la sincerità e lo hanno scritto senza perifrasi sui manifesti, se lo sono detti senza giri di parole al funerale prima e dopo la funzione, ne parlano ancora oggi come si parla di una persona a tutti familiare, di una moglie che compensava con la sua apertura caratteriale l’indole schiva del marito così diverso da lei ma signore d’animo come lei.
Sapeva vivere, Giuliana, ecco la sua cifra, e la gente se ne accorgeva. Perciò alle esequie una moltitudine di ogni ambito sociale si è assiepata, in religioso silenzio, attorno alla sua bara, adornata con le sue dilette rose, per tributare l’ultimo saluto ad una donna di fede, di una fede declinata però con il metro della ragion pratica, mai gridata, sempre calata nella quotidianità vissuta da una signora esemplare che non aveva bisogno di morire per conquistarsi l’attenzione generale.
Ecco perché ancòra oggi gli amici sono qui e altrove a scrivere ed a parlare di lei, “a rapiruna favilla al sole a illuminar la sotterranea notte” della cara Giuliana: sentono il bisogno di alimentare la lampada della memoria di una persona davvero particolare che nessuno rivedrà più.

Pietro Montinari

Sabato, 21 Febbraio, 2015 - 15:32