'Morire di-verso'. Il settimo anniversario della scomparsa di Lucio Romano

Coltivare la parola che muove all’essenziale. Ritrovare la memoria dei luoghi e delle cose nel mentre ogni passo ti conduce nei giorni comuni della tua vita ordinaria. Se scompaiono i poeti, restano i versi a vergare l’esistenza di coloro che non hanno paura di incontrare la vita, nella sua forza e nella sua debolezza. Ritrovare oggi, ricordare oggi la figura di Lucio Romano, nel settimo anniversario della sua scomparsa, significa tutto questo. Significa affiancare la propria esistenza ad un’altra e creare un filo invisibile ma più resistente dell’acciaio.
Ogni comunità crea la propria identità attraverso l’opera ed il pensiero dei propri uomini e donne. E crea, mattone dopo mattone, esistenza dopo esistenza, fondamenta di valori che rendono inattaccabile e incorruttibile, il patrimonio morale e sociale che la caratterizza.
Bisognerebbe che nelle scuole cittadine si dedicasse un angolo di tempo alla lettura, all’approfondimento degli autori locali che hanno contribuito alla costruzione di quelle fondamenta. Nella in-utilità della poesia c’è lo stesso sentimento che rincorre lo sguardo delle persone care: appare, scompare ma resiste al tempo.

Morire di-verso (di Lucio Romano)

I venti attraversano in lungo e in largo
la città, la scandagliano, la penetrano,
vedono il suo mutarsi, le solitudini:
a forza d’infuriare si fanno
portatori di rovine.

(A sentire nei venti
lamenti-di-morti
c’è sempre una zia)

Le anime invece, le anime non viaggiano,
stanno lungo i viali in silenzio, stanno
orizzontali: le vinse tutte quante
all’improvviso un sonno forte,
e non c’è Cristo né verso di destarle.

Solo il poeta muore e nasce
dieci, cento, mille volte:
non gli servono marmi né viali
per morire - per risorgere
impiega meno di tre giorni.

Venerdì, 7 Febbraio, 2014 - 00:06