Materia oscura, il Salento è in prima linea

Verrà lanciato e messo in orbita dal deserto del Gobi nella notte del 16 dicembre, ora italiana 23.30, il satellite dell’esperimento DAMPE (Dark Matter Particle Explorer): presso il Satellite Launch Center di Juquan (Cina), un razzo del tipo Long March 2D metterà infatti in orbita il satellite, del peso complessivo di circa 1.900 kg, cuore di uno dei cinque progetti di missione spaziale nel programma di ‘Strategic Pioneer Program on Space Science’ dell’Accademia Cinese delle Scienze (CAS), una missione di fisica delle astro-particelle ideata per misurare, con una maggiore precisione e in un più ampio intervallo di energie rispetto a quanto fatto sinora, le caratteristiche della radiazione cosmica.
Vi partecipano anche scienziati dell’Università del Salento e della Sezione di Lecce dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN): l’esperimento è infatti frutto di una collaborazione internazionale tra diverse Università ed Enti di ricerca in Cina, l’Università di Ginevra, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, le Università di Bari e Perugia, il Dipartimento di Matematica e Fisica “Ennio De Giorgi” dell’Ateneo salentino.
Il professor Ivan De Mitri, docente di Fisica Sperimentale delle Interazioni Fondamentali e coordinatore del gruppo di Fisica Astroparticellare della sezione di Lecce dell’INFN, è il responsabile locale dell’esperimento DAMPE; del gruppo di ricerca fanno parte anche i professori Paolo Bernardini e Giovanni Marsella, docenti di Fisica Sperimentale delle Interazioni Fondamentali, e il dottor Antonio Surdo, Primo Ricercatore della sezione INFN di Lecce.
Oltre che nella costruzione del satellite, il ruolo del gruppo italiano è stato fondamentale nella fase di caratterizzazione delle prestazioni del rivelatore DAMPE, attraverso una vasta campagna di misure effettuate con fasci di particelle presso il CERN a Ginevra. I ricercatori sono ora in prima linea nelle attività di studio delle prestazioni del rivelatore e per la preparazione degli strumenti di analisi dati. «È di primaria importanza essere pronti a verificare il comportamento dello strumento appena arriveranno a terra i primi dati dopo la messa in orbita», spiega De Mitri, «Dopo alcune settimane di verifica, il rivelatore dovrà infatti funzionare al massimo delle sue prestazioni, per poter permettere al team di scienziati lo studio delle particelle di origine cosmica alla ricerca dei segnali della Materia Oscura».

Il background scientifico
Numerose sono le evidenze indirette dell’esistenza, nel nostro Universo, della cosiddetta Dark Matter. Tale forma di materia è oscura, ossia non rivelabile attraverso le onde elettromagnetiche (la luce), e si manifesta attraverso gli effetti gravitazionali che la sua presenza produce in vari contesti: moti relativi di stelle e galassie, distorsione delle immagini provenienti da galassie lontane, eccetera.
Nonostante i molti anni di lavoro dei ricercatori di tutto il mondo, la natura di questa forma di materia rimane ancora sconosciuta. Il suo studio è quindi diventato una delle questioni fondamentali della fisica moderna. Negli ultimi anni molti esperimenti sono stati realizzati per svelare questo mistero, utilizzando sia rivelatori sotterranei (per esempio presso i laboratori INFN del Gran Sasso), che gli esperimenti all’acceleratore LHC al CERN o missioni spaziali come FERMI e AMS. 

L’esperimento
In questo contesto si inserisce l’esperimento DAMPE (Dark Matter Particle Explorer), che utilizza le tecnologie più avanzate attualmente disponibili per la rivelazione di particelle elementari, spinte a livelli estremi di qualità e affidabilità, per poter garantire una missione di lunga durata nello spazio: almeno tre anni.
DAMPE ha lo scopo di misurare elettroni, fotoni e nuclei di origine cosmica con una precisione senza precedenti, spingendosi sino a energie anche dieci volte superiori a quelle attualmente raggiunte (per esempio presso l’acceleratore LHC nel caso dei protoni).
Oltre allo studio della Dark Matter, questo consentirà anche una migliore comprensione dei meccanismi di produzione e accelerazione di tali particelle nella nostra galassia.

La ricerca salentina nel settore
Nell’Ateneo salentino è attivo da decenni un gruppo all’avanguardia nello studio della radiazione cosmica di alta energia, che ha partecipato a esperimenti frutto di collaborazioni internazionali come MACRO (presso i laboratori sotterranei del Gran Sasso), ARGO-YBJ (nel sito ad alta quota di YanBaJing in Tibet), AUGER (attualmente in funzione nella pampa argentina). Un ruolo fondamentale ha avuto e continua ad avere la collaborazione con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, che a Lecce ha una delle sue  Sezioni sin dal 1989, con attività di ricerca sia sperimentali che teoriche nella fisica delle interazioni fondamentali.

Martedì, 15 Dicembre, 2015 - 00:02

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