'Ma io lo avevo capito'
Cascasse il mondo, alle 13 e 25 di tutti i santi giorni di scuola ero là, davanti al cancello d’uscita e qualche volta mi capitava di trovarmi ad aspettare anche quando per un qualche motivo, mio figlio, non era andato a scuola. Per il resto la mia vita era tutta un ritardo, piena di appuntamenti mancati e di occasioni perse. Ma quel ritardo, in quel gelido giorno d’inverno mi strappò in due il cuore. Forse il traffico, forse qualche altro intoppo, non ricordo più la causa, ma erano le 13 e 15 minuti ed ero ancora ad una ventina di km di distanza, il cuore a mille e la macchina che non toccava più terra.
Alle 13 e 30 minuti, ero fermo ad un semaforo, a cercare un varco, a cercare di infilarmi, a cercare di passare avanti tra le proteste degli altri automobilisti. Sarà appena suonato il campanello della scuola – pensavo - tutta la classe starà per uscire e mio figlio tra gli altri a cercarmi in mezzo a tanti genitori. Avevamo già messo in conto quello che stava accadendo e per questo avevamo messo a punto un “piano d’emergenza”. Avevamo stabilito un punto preciso, lì m’avrebbe aspettato, sul marciapiede di quella strada di passaggio. Erano quasi le due quando arrivai al mio paese, il cuore mi scoppiava, schiacciato dalla preoccupazione e dell’ angoscia. Girai l’angolo ed il mio cuore riprese a battere. Era là, al punto preciso che avevamo stabilito, sciarpa, berretto di lana calato quasi sugli occhi, zaino in spalla e mani in tasca. Per nulla turbato, per nulla impaurito. Poca gente in giro a quell’ora, quasi nessuno vicino a scuola. Bravo – gli dissi – sei stato bravo, hai fatto esattamente quello che avevamo stabilito, - poi aggiunsi - l’ho fatto apposta, per metterti alla prova. E lui togliendosi la sciarpa che gli copriva la bocca - SI, ma io lo avevo capito -
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