"L'uomo al centro"
La realizzazione integrale della persona umana nella sua dimensione religiosa, sociale e politica è l’aspirazione che deve unire gli uomini di chiesa e i rappresentanti delle Istituzioni. Non ci si deve limitare alle parole ma “pasticciare”, nel senso di sporcarsi le mani, in piazza risolvendo i problemi concreti di chi vive tutti i giorni le ristrettezze del presente. Don Aldo Santoro ha accolto con questi pensieri, ieri in Chiesa Madre Marcello Amante per la tradizionale predica del Sindaco.
Il Primo cittadino, che era accompagnato dagli assessori Nico Mauro e Loredana Tundo, da Raimondo Valente, presidente del Consiglio comunale, e da Domenico Angelelli, comandante della Polizia Locale, ha ringraziato e sottolineato la volontà di collaborazione dell’Amministrazione anche attraverso la conservazione ed il recupero di tradizioni che hanno sempre unito la città.
Nell’omelia don Dario De Pascalis, riprendendo il brano del Vangelo, si è riferito alla figura di Nicodemo a cui Gesù disse: "(...)la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio".
"Ricordo che, qualche anno fa, proprio qui in Chiesa Madre, il sabato sera, -ha ricordato il parroco di San Sebastiano- quando le luci dei bar e dei locali della piazza si accendevano e la gente, soprattutto i più giovani, passeggiava per le stradine del centro storico, la chiesa rimaneva aperta fino a tardi per permettere a chi lo volesse di entrare per una preghiera nascosta e silenziosa. Se non sbaglio all’iniziativa era stato dato proprio il nome: “Le notti di Nicodemo”.
E’ proprio il Vangelo di Giovanni, che abbiamo appena ascoltato, ci riporta un pezzo del lungo dialogo che Gesù ha con Nicodemo, un fariseo, che di notte si reca da lui. L’intento dell’evangelista è di evidenziare che, quella di Nicodemo, non è solo la notte che indica l’ora del giorno, ma molto probabilmente anche la notte che si annida dentro il cuore di questo uomo.
Sicuramente il cammino di vita e di fede di questo fariseo è costellato di molte luci e ombre, sicurezze e incertezze, successi e fallimenti personali. E così, in modo nascosto, affascinato da questo Maestro di Galilea va da lui per avere risposte ai suoi interrogativi, per accendere una luce nella sua notte interiore.
Anche noi, come Nicodemo, ci troviamo ad arrancare nelle nostre notti, anche in pieno giorno: quando un lutto spegne la nostra gioia, quando una situazione economica getta ombre sul futuro nostro e nella nostra famiglia, quando la malattia ci fa entrare improvvisamente in un tunnel dove la luce dell'uscita sembra lontana …
Dice Gesù a Nicodemo: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”.
La fede in Dio non è solo questione di ragionamento, di intellettualismo, ma di capacità di fare della propria vita un dono concreto, di amare anche quando costa, anzi proprio perché costa sacrificio e rinuncia. L'amore non è solo una parola formulata nella testa, ma è un sentimento vero e profondo, è fatto di gesti concreti che generano vita e felicità altrui. E morendo in croce Cristo ha fatto tutto questo: ha donato la sua esistenza per la salvezza nostra.
Amare con e come Gesù ci rende eterni, cioè generatori di vita vera. C'è chi non ama la vita vera, e sono coloro che preferiscono vivere all'ombra dell'egoismo e della chiusura in sé stessi. La forza dell'amore dà fastidio a chi è disonesto, violento, razzista, bullo, giudicante, malizioso, guerrafondaio. Ma proprio per questo Gesù è salito sulla croce perché quella morte diventasse un faro che non si può spegnere nella storia. Gesù invita Nicodemo a entrare in questa logica, ad accoglierla e diventarne portatore. E fa lo stesso con noi.
In modo particolare questa sera destinatari di questa Parola sono tutti coloro che all’interno della società occupano un ruolo di servizio politico, istituzionale, ecclesiale.
Programmare e realizzare il bene comune è compito che richiede di mettere al centro il bene totale, globale dell’uomo e di rispettare la sua dignità. Accogliere il Nicodemo di turno che di notte, anche oggi, chiede prima di tutto di essere ascoltato, accolto e, se possibile, aiutato è vocazione politica ed ecclesiale.
Nicodemo che viene nel mezzo della notte della sua vita ad aprire il suo cuore a chi è stato preposto al servizio della collettività non pretende di trovare la perfezione, di avere risposte pronte o risoluzioni immediate, ma atteggiamenti autentici e veri, e soprattutto umanità, tanta umanità.
Ma questo compito, cari amici, nel nostro piccolo spetta a ciascuno di noi. Anche se le chiese non possono rimanere aperte sempre di notte, e come luoghi pubblici non possono certo competere con altri luoghi di divertimento ben più luminosi durante le notti dei weekend, possiamo noi stessi come cristiani diventare “chiese aperte” nella notte del nostro mondo.
A volte, basta un sorriso a chi è solo e dimenticato. Bastano piccoli gesti di gentilezza verso chi ci sta accanto. Basta ascoltare con pazienza chi ha bisogno di ascolto proprio come Gesù, che non era mai sordo alle richieste di aiuto. Basta aprire le nostre mani e le nostre braccia come Gesù sulla croce, per dare qualcosa di nostro senza dover trattenere tutto, e per dare alla fine noi stessi, la nostra vita, senza paura. Basta questo per farci diventare “chiese aperte” nella notte di ogni uomo, in quella dei Nicodemo di oggi.
"Quando Papa Giovanni Paolo II (oggi santo) -ha concluso don Dario- il 5 ottobre 1980, sostò nel nostro aeroporto di Galatina, rivolgendosi a noi Galatinesi, sembrava non solo dare una lettura dell’oggi di circa quaranta anni fa, ma di predire già i problemi che preoccupano il nostro oggi: “Vorrei che voi foste sempre sereni e felici! Vorrei che la vostra esistenza fosse sempre colma di letizia e di soddisfazione! So bene, invece come talvolta precarie e avverse circostanze della vita e della storia rendano difficili certe situazioni; so quanto è dura l’esperienza dell’emigrazione, quanto è amara la disoccupazione, specialmente dei giovani e dei padri di famiglia. La Chiesa e il Papa sono vicini a tutti e specialmente a coloro che sono di più altri provati. […]. Mentre mi compiaccio della vostra laboriosità e delle opere già compiute per il bene comune, desidero esortarvi a perseverare con coraggio e con costanza nel cammino del vostro sviluppo, venendo incontro, insieme ai Responsabili della Comunità, alle necessità e ai bisogni dei fratelli”.
A noi non resta che fare nostre ancora queste parole, eredità preziosa e impegnativa che ci interpella a fare della nostra vita un servizio per il bene di tutti".
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