Loculi senza tetto, l'incompiuta del 'nuovo' cimitero

 Circa un anno fa, tramite una mail all’indirizzo riportato sul sito del Comune di Galatina, che promette, ma evidentemente non mantiene un contatto diretto col primo cittadino, lamentavo un’inadempienza del Comune in merito ad una situazione concernente il cimitero nuovo. È ormai da quattro anni che i padiglioni nuovi (ed in particolare mi riferisco proprio al primo con cui si è dato inizio all’”abitudine”, poi toccata in sorte anche ai successivi) non vengono completati con la struttura in metallo e vetro che ha funzione di copertura. Il fatto non è che mi interessi esteticamente, cosa di cui dovrebbe risentirsi, casomai, il progettista, ma è invece importante dal punto di vista pratico: in estate, i fiori appassiscono in meno di 24 ore, mentre in inverno si nota la crescita di muschio e muffe varie a contorno delle lapidi dei defunti.
Ora mi chiedo, avendo stipulato un contratto per una certa cifra, è obbligo del Comune fornire il bene completo in tutte le sue parti, o era solo un vezzo estetico, che esula dalla cifra corrisposta,  quello di rifinire i vecchi padiglioni con le coperture?
Alcuni cittadini che lamentavano il problema, riferivano le scarse risorse finanziarie gestite dai comuni in generale, salvo poi quelle risorse trovarle per patrocinare eventi spesso di scarso interesse (e non mi riferisco ad alcuno in particolare) mentre mi sembrava più interessante la proposta “provocatoria” di farsi restituire la somma destinata alle finiture e farsi carico privatamente del problema, forse si eviterebbero i tempi biblici odierni …, che evidentemente, per qualcuno, dinanzi al riposo eterno risultano comunque accettabili.  Un saluto

Forse nulla accade per caso, e pochi istanti dopo aver postato la mail, mi sono ritrovato a leggere questo brano, che gradirei venisse pubblicato : “La seppellì accanto al marito. Finita la funzione, quando i pochi presenti se ne furono andati, restò lì da solo, nel vento gelido di novembre, a fissare le due lapidi; una ancora aperta per accogliere il suo fardello e l’altra tumulata e coperta da una sottile lanugine d’erba. Dal piccolo recinto spoglio e senz’alberi che conteneva suo padre, sua madre e qualche altro contadino, scrutò l’orizzonte in direzione della fattoria dov’era nato e dove i suoi avevano trascorso tutta la loro vita. Pensò al prezzo che avevano pagato, anno dopo anno, a quella terra che rimaneva com’era sempre stata, un po’ più arida, forse, e un po’ più parca di frutti. Nulla era cambiato. Le loro vite erano state consumate da quel triste lavoro, le loro volontà spezzate, le loro intelligenze spente. Adesso erano lì, in quella terra a cui avevano donato la vita, e lentamente, anno dopo anno, la terra se li sarebbe presi. Lentamente l’umidità e la putrefazione avrebbero infestato le bare di pino che raccoglievano i loro corpi, e lentamente avrebbero lambito la loro carne, consumando le ultime vestigia della loro sostanza. In ultimo sarebbero diventati una parte insignificante di quella terra ingrata a cui si erano consegnati tanto tempo addietro.”
Brano tratto da  Stoner di John Williams.

Gentile Alfredo, l'impressione che si ha andando sul posto è  che il costruttore stia attendendo di completare le opere edili per poi montare, tutti contemporaneamente, i manufatti in acciaio zincato e verniciato. In questo modo otterrebbe un indubbio risparmio di scala. Se però l'incompiuta va avanti da quattro anni certamente i problemi saranno altri. Sarebbe interessante che l'assessore Andrea Coccioli e la dirigente del settore lavori pubblici Rita Taraschi svelassero ai cittadini l'arcano. Cari saluti. (d.v.)

Mercoledì, 8 Gennaio, 2014 - 00:08

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