Le lunghe traversie del pane oggi buono a Galatina
Nel 1926 in Galatina erano in attività numerosi forni a legna che producevano pane per uso sia privato sia pubblico. Si dedicavano quasi esclusivamente a quest’ultimo almeno nove ditte che, secondo un’indagine effettuata il 28 dicembre, producevano complessivamente quintali 56,10 e dettagliatamente: Cretì Carlo q.li 2,80; De Pandis Giuseppe q.li 1,40; Giaccari Giuseppe q.li 4,50; Giaccari Luigi q.li 4,40; Laporta Pietro q.li 18,30; F.lli Rollo q.li 5,10; F.lli Serra q.li 10,20; Forni Sociali q.li 5.50 e Villani Paolo q.li 3,90. Tutti producevano pane a forma di ciambella (piezzu) di gr. 950, a forma oblunga (filone) di gr.400 o todeggiante (pagnottina) gr.150.
Negli ultimi mesi di quell’anno alcuni dei suddetti produttori di pane per il pubblico furono pesantemente sanzionati a causa della cattiva qualità del prodotto. In particolare i forni gestiti da Villani Paolo e Giaccari Luigi, in seguito ad analisi eseguite presso il Laboratorio Chimico Municipale di Lecce, furono sospesi con provvedimento prefettizio rispettivamente per giorni 10 (il 9 ottobre) e 9 (il 5 novembre), in quanto il loro pane era risultato mal confezionato, mal lievitato, poco cotto ed acido oltre il normale, perciò non adatto all’alimentazione umana, ma usabile soltanto come mangime per animali dopo opportuna pezzatura e aggiunta di sale pastorizio. Ancora il 5 novembre 1926 furono sospesi, rispettivamente per 15 ed 8 giorni il forno gestito dai Fratelli Rollo e quello di Giuseppe Giaccari. Il primo per aver messo in commercio pane mal fatto, mal lievitato, malissimo cotto e conseguentemente acido; il secondo per aver prodotto pane con fiore di saragolla (antico frumento medio-orientale – n.d.r.) ma di deficiente lavorazione, mal cotto ed acido.
Nel successivo mese di dicembre il suddetto Laboratorio Chimico di Lecce espresse giudizi negativi su campioni di pane confezionato sia da De Pandis Giuseppe che dal maggiore produttore locale, Laporta Pietro, che era titolare di uno Stabilimento Molitorio al quale, oltre ad un Pastificio e al Panificio, era anche annesso un allevamento di maiali.
Dal 25 agosto 1923 al 12 aprile 1927 il regolare andamento amministrativo del Comune di Galatina era stato in qualche modo compromesso dal fatto che proprio in quel periodo si erano susseguiti ben quattro Commissari Prefettizi. Finalmente, a partire dal 13 aprile 1927, la Città ebbe il suo Podestà nella persona del galatinese Domenico Galluccio, il quale rimase in carica per oltre un decennio. Egli si rese subito conto della necessità di rendere i propri concittadini edotti e consapevoli delle leggi che regolamentavano la produzione del pane in Italia. Perciò, in conformità a tali norme tempestivamente, il 05.06.1927, dispose quanto segue, su proposta del delegato all’Annona e sentito il parere dell’Ufficiale Sanitario:
« 1- I forni destinati al confezionamento del pane, sia per uso del pubblico che dei privati, debbono essere muniti di speciale licenza rilasciata dal Municipio in seguito a relazione dell’Ufficio Sanitario.
2 – I locali del forno debbono essere tenuti con la massima pulizia e in essi è vietato tenere utensili, indumenti ed altri oggetti che non siano necessari alla lavorazione del pane.
3 – L’impasto del pane per uso del pubblico dev’essere fatto a macchina.
4 – Gli operai addetti alla manipolazione del pane debbono essere sottoposti a visita sanitaria che constati le buone condizioni di salute e l’assenza di malattie trasmissibili.
5 - Durante la lavorazione gli operai debbono indossare camice e berretto di tela bianca, osservando la massima nettezza personale.
6 – Il trasporto del pane dai locali di produzione agli spacci deve essere fatto con carri di legno a tenuta perfetta e con coperchio pure di legno.
7 – E’vietato adibire ad altri usi i carri destinati al trasporto del pane, nonché poggiare i piedi dentro di essi anche se scarichi, per cui debbono essere muniti di sedile anteriore e di predellini laterali.
8 – Ogni carretto con pane proveniente da forno, prima di recarsi agli spacci di vendita deve passare dall’Ufficio Sanitario onde poterne constatare la buona qualità e la quantità.
9 – Gli esercenti, qualora il pane si presenti con deficiente cottura o comunque non di buona qualità, hanno l’obbligo di rifiutarlo e di riferire immeditamente all’Ufficio di Polizia Urbana.
10 – Negli spacci il pane dev’essere conservato in armadi ben chiusi o coperto con panni bianchi al riparo dalle mosche e dalla polvere.
11 – Le disposizioni di cui all’art.3 sono prorogate di sei mesi per i forni pubblici in funzione.
Gli Agenti Municipali sono incaricati all’esecuzione della presente ordinanza.»
Lo stesso Podestà, mentre era impegnato al superamento della “grande sete del 1927”, con ordinanza del 20 agosto dispose l’abolizione, per ovvi motivi igienici (evidentemente non presi in considerazione da chi lo aveva preceduto!), dell’allevamento di maiali, esistente in prossimità del panificio di Pietro Laporta. Questi però potè ottemperare a tale ordinanza dopo oltre tre mesi, avendo chiesto e ottenuto una dilazione in quanto all’epoca lo smercio delle carni suine era consentito soltanto nei mesi invernali.
Le pesanti ma esemplari sanzioni irrogate nel 1926 a carico di alcuni fornai, il cui prodotto era immangiabile, insieme alle disposizioni contenute nella soprariportata ordinanza podestariale ebbero senz’altro effetti positivi sulla qualità del pane prodottto giornalmente a Galatina per il pubblico. Infatti solo dopo oltre quattro anni, il 27.04.1931, fu infllitta dal Prefetto una sospensione all’esercizio condotto da Villani Paolo per aver prodotto pane poco cotto e acido, confezionato con farina di saragolla in stato di iniziale alterazione.
Si noti che la qualità del pane andò migliorando proprio in anni di crisi economica, per cui qualche panificatore chiese al podestà Galluccio di poter continuare ad impastare a mano la farina per il pane, dilazionando l’acquisto della macchina impastatrice, che avrebbe comportato il licenziamento di alcuni operai. Forse proprio da detta crisi fu travolta la ditta Pietro Laporta, che fallì nel 1933 e la gestione del suo panificio fu assunta da Nuzzo Giuseppe di Sogliano Cavour.
Negli anni ’30 del secolo scorso in qualche spaccio di alimentari della Città era in vendita anche pane prodotto a Martano dalla ditta Francesco Marati, alla quale il 02.04.1932 fu contestata una fornitura, perchè non avente gli stessi caratteri organolettici del campione fornito per ottenere la prescritta licenza.
La messa in vendita di pane qualitativante scadente era un fatto abbastanza diffuso nei Comuni della Provincia. Perciò il R. Prefetto, prticolarmente a partire dal 1930, con apposite circolari aveva invitato reiteratamente i Podestà ad esercitare un’assidua ed efficace vigilanza, a partire dalla mescolanza delle farine, sulla produzione dell’alimento tanto importante per il popolo.
In particolare con una circolare prefettizia del 06.03.1933 gli amministratori comunali furono sollecitati al rispetto delle più recenti norme ministeriali che fra l’altro stabilivano:
· quali tipi di farina era consentito utilizzare per la panificazione;
· che il prelievo dei campioni di pane da analizzare doveva essere fatto nei locali di vendita;
· che i Podestà non potevano irrogare sanzioni ai panificatori contravventori, perché le eventuali ammende (da £ 100 a £ 10.000) o le chiusure di esercizi potevano essere disposte dall’Autorità Giudiziaria in merito a risultati di analisi e a seguito di apposite denunzie fatte dal Prefetto; che gli esercenti di spacci di pane dovevano rivendere in una stessa giornata i prodotti di un solo forno, conservando i buoni di consegna ed esponendo un cartello con le generalità del fornitore;
· che il pane fabbricato con farina di frumento miscelata a farina di segale, di granoturco, di orzo ecc. doveva essere venduto con la denominazione “pane di segale”, “pane di granoturco”,…ecc.;
· che gli esercenti potevano vendere vari tipi di pane, ma dovevano obbligatoriamente tenere a disposizione del pubblico il pane comune e, in mancanza di questo, erano tenuti a cedere al consumatore, che lo richiedesse, pane di prima qualità allo stesso prezzo di quello comune.
La S.A. Distillerie Italiane - Milano, che aveva uno stabilimento a Galatina, con nota del 05.02.1933, informava il podestà Galluccio che a Lecce e Provincia con proprio personale didattico sarebbero stati organizzati per proprietari di forni ed operai addetti corsi sull’utilità di impiegare nella panificazione il lievito di birra (residuo della fabbricazione della birra – n.d.r.).. Senza dubbio anche l’uso di detto lievito contribuì a un deciso migliorameno della panificazione, che sembrava ormai a portata di mano. Infatti il 07.05.1935 l’Unione Fascista Commercianti della Provincia informava il Podestà che alle ditte galatinesi Giaccari Giuseppe, Giaccari Luigi, Rollo Augusto, Rollo Carmelo, Rollo Gaetano era stato assegnato il “Premio del Littorio” di £ 160, mentre analogo premio di £ 36 era stato concesso ai lavoranti panettieri De Donno Santo, Schirinzi Giovanni, Stendardo Giovanni, De Pandis Emilio, Marti Luigi, Montagna Cosimo, Albanese Giuseppe, Fioretti Angelo, Giordano Oronzo e Serra Cosimo. Da questo si desume che nel 1935 la qualità del pane destinato al pubblico galatinese era definitivamente migliorata.
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