L'amore ai giorni nostri (storie inventate)
I percorsi imprevisti della vita, mi portarono a vivere con mio padre soltanto e condividere con lui tutte le difficoltà e tutte le gioie di quella che fu una straordinaria avventura che ci vide fare tante cose che non avevamo mai immaginato di fare, che ci vide divisi tra pizzerie, trattorie e “tutto pronto” e quella gara di solidarietà che si mette in moto da parte di zie e parenti. Mai una smagliatura, tutto filò liscio, quasi perfetto, tranne un periodo ed è quel “breve periodo” che voglio raccontare. Per quel che sapevo io, toccava sempre ai genitori addolcire ai figli le prime delusioni, insegnare a sopravvivere ai problemi di “cuore”.
Quella volta però non andò così. Avevo notato da alcuni giorni l’ umore diverso di mio padre che di solito era sempre allegro e dinamico. Un po’ triste e un po’ taciturno, insomma non era il pà che io conoscevo. Per giorni osservai, cercai di capire le cause. Niente. E - niente - mi rispondeva quando gli chiedevo - cos’hai ? In cuor mio mi chiedevo 1000 perché, lavoro, salute chissà? No, era solo innamorato di una storia finita. Mi sentì aprire il cuore ma dopo un po’ mi si richiuse. Toccò a me che non sapevo niente, che non avevo ancora alcuna esperienza, consolarlo. Non so se riuscii a farlo bene, so che per tante sere uscimmo insieme, andammo in giro vincendo la sua “controvoglia”. Gli stetti sempre vicino, come fa un padre nei confronti di un figlio deluso d’amore, ma quella volta toccava a me figlio consolare il mio pà. Gli portavo il caffè e quasi sempre un pensierino, consumai un po’ dei miei risparmi ma meno male, “d’amore si guarisce”. Tornò più sereno e allegro di prima, un po’ merito del tempo ma un po’ merito mio, della mia presenza, della mia pazienza, delle mie cure, delle mie premure.
Avevo una compagna di classe, qualche giorno più grande di me, quando mi parlava mi sentivo battere il cuore e facevo fatica a rispondere. I nostri sguardi si incrociavano in continuazione e non so lei, ma io studiavo sempre il modo per incrociarla per strada, all’uscita di scuola, nei corridoi o quando la sera ci trovavamo tutti quanti. Mi sentivo diverso, stavo cominciando a fare i conti con il “cuore”, ma ero tranquillo. Non sapevo come sarebbe finita, ma quando mi accorsi che le cose tra di noi cominciavano a non andare più bene, tornai a casa, chiusi la porta, appesi il cappotto, poggiai lo zaino e mi avvicinai al mio papà. Gli feci : Pà mi sa che stavolta tocca a te.
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