La vera storia della circonvallazione sud-ovest
Secondo la definizione della Commissione Ambiente e Sviluppo delle Nazioni Unite, risalente al 1987, “Sviluppo sostenibile” è lo sviluppo capace di soddisfare i bisogni del presente senza compromettere il soddisfacimento dei bisogni delle future generazioni. Insomma lo sviluppo, che è creatore del benessere, non deve determinare il degrado ambientale e non deve distruggere irrevocabilmente le risorse di cui l’uomo dispone. Sembra tutto così ovvio da apparire superfluo che una commissione apposita debba concentrarsi per arrivare ad una definizione. E’ come dire che bisogna fare o almeno cercare di fare “bene” tutto ciò che si fa. Anche questo è ovvio. Poi, ci si guarda attorno, si riflette, e si rimane basiti: tutto ciò che dovrebbe essere la norma, l’ovvietà, sembra fuori dal quotidiano. Questo in tutti i campi.
Si nota costantemente la mancanza di una programmazione seria e condivisa che porti non dico ad eliminare, ma almeno a ridurre le azioni che possano nuocere alle future generazioni. A tal proposito, giova fermarsi su qualche argomento che riguarda direttamente i galatinesi e la gestione del loro territorio. Dagli anni ’70 il Piano Regolatore Generale prevedeva sul lato sud-ovest di Galatina una strada che fungesse da circonvallazione collegando la strada provinciale per Sogliano ( la n. 362) a quella per Galatone ( la n. 47). Negli anni ’90, l’Amministrazione Rizzelli stava anche per promuovere la realizzazione di quella che allora veniva definita la “bretella Ovest”, ma nel corso di una riunione presso gli uffici della Provincia di Lecce, molto saggiamente, il sindaco Rizzelli preferì sostenere il progetto proposto dall’assessorato provinciale consistente nella realizzazione della circonvallazione Est destinata ad alleggerire Galatina del traffico pesante proveniente dai comuni di Collepasso, Cutrofiano. Sogliano, Corigliano, zone industriali di Soleto e Galatina e diretto a Lecce.
Il progetto della circonvallazione Sud–Ovest venne così tenuto in stand-by, per quanto il desiderio di completare e rivalutare tutte le aree adiacenti fosse evidente.
Con l’Amministrazione Antonica, cogliendo l’occasione di una legge regionale tendente a favorire la riqualificazione delle arre periferiche cittadine (P.I.R.P.), viene proposto un progetto generale nel quale la circonvallazione Sud-Ovest, collegando le strade per Sogliano e Galatone, costeggia varie opere di più o meno grande utilità cittadina, fra le quali la cosiddetta Area mercatale, e promuove lo sviluppo di un comparto edilizio privato.
Tutto positivo quindi, se si aggiunge anche che la strada viene finanziata per la gran parte dalla Provincia di Lecce. Ma qui veniamo al punto dolens:la Provincia finanzia la strada, decide di progettarsela ed, a pochi giorni della caduta dell’Amministrazione Pellegrino e ad un mese della caduta dell’Amministrazione Antonica, trasmette il progetto al Comune di Galatina.
Da allora si sono succedute due Amministrazioni commissariali ed una regolarmente eletta. “Solo ora” ci accorgiamo che il progetto redatto dalla Provincia è ad uso … della provincia! Trattasi di una strada a scorrimento veloce impostata a quota più alta di un metro rispetto alle zone adiacenti. Viene completamente ignorato il contesto urbano, dividendo praticamente in due i quartieri che attraversa.
Ora, pensando allo “sviluppo sostenibile”, viene da chiedersi se le due Amministrazioni, provinciale e comunale, si sono interfacciate, … se i due Assessorati si sono interfacciati e/o se, nel dubbio decisionale, abbiano sentito la necessità di coinvolgere gli utenti di tutte le parti interessate, ponendosi come obiettivo la più idonea integrazione della nuova arteria con l’insieme delle strade già esistenti. Ci si chiede anche se i partiti hanno nella loro mission anche il compito di esercitare un controllo sulle attività amministrative a tutela degli interessi dei cittadini che pur dicono di voler tutelare.
Allo stato delle cose, ora, salvando il salvabile, non resta che impostare la realizzazione di quella strada in modo che, a posteriori, possa essere declassata a strada comunale consentendone la graduale integrazione con tutto il contesto urbanistico ci cui fa parte.
Pensando ad altro, ma sempre restando in tema di gestione del territorio, a mio parere, il cittadino galatinese per molti anni subirà i danni delle scelte effettuate dalla Amministrazione comunale dell’epoca durante la redazione del Piano Urbanistico Generale, nel 2005. E’ stato un errore allargare il perimetro urbano molto al di là di quanto previsto dal precedente Piano redatto dall’arch. Pannella nel 1971 nel quale si prevedeva uno sviluppo demografico della nostra città fino a 40.000 abitanti (sic!).
Considerata l’effettiva popolazione galatinese, quale era allora la necessità di prevedere tanti comparti da edificare, con la conseguente necessità di agganciarli al già edificato con strade e servizi di rete (acqua, fognatura nera e bianca, gas, energia elettrica, linee telefoniche)? Tutti costi che graveranno sulle future generazioni in barba alla sostenibilità dello sviluppo! Le risorse, anche e soprattutto quelle economiche, bisogna averle, per poterne disporre! I finanziamenti statali a cascata ed a costo zero non esistono più! Basterebbe guardare i Programmi di attuazione dei lavori pubblici delle ultime amministrazioni per rendersi conto delle difficoltà realizzative. Sono sempre gli stessi, da anni! Qualche dirigente comunale, giustamente, nel passato, chiamava quel documento “il libro dei sogni”! La politica deve cambiare, progettando in modo concreto ciò che è concretamente realizzabile avendo una mission realistica e dandosi un orientamento strategico (vision) finalizzato al conseguimento effettivo degli obiettivi.
Tornando alla realizzazione dei nuovi comparti edilizi, se proprio si devono e si riescono a realizzare, non è opportuno che ciò avvenga applicando le più moderne tecniche nel campo di gestione delle risorse e cioè pensando ad uno “sviluppo sostenibile”? Per esempio bisogna mettere in conto che realizzare i comparti significa cementificare, con la conseguenza di sottrarre territorio agricolo permeabile e quindi capace di assorbimento delle acque meteoriche. Le acque piovane non più assorbite dove andranno? Forse ancora, come avviene oggi, verso altre contrade come “Notaro Iaco” continuamente allagata? Forse su strade che, già oggi, diventano impraticabili alla prima pioggia come via Gallipoli o Via per Sogliano? Forse in reti fognarie che, già oggi, determinano il salto dei tombini come in via C.A. Dalla Chiesa? Quanti danni e/o quanti costi vedo in prospettiva per il cittadino galatinese!
E perché non pensare allora all’acqua meteorica come una risorsa, considerato che, fra qualche anno, sarà difficile disporre del “bene acqua” in quantità ed a prezzi contenuti? Le acque meteoriche possono essere raccolte ed utilizzate per l’irrigazione dei giardini e l’alimentazione dei servizi, come cassette di scarico dei bagni e lavatrici. Operando in questo modo si alleggerisce il carico sulle strade e quindi sulle reti di fognatura bianca e, nello stesso tempo, si gestisce in modo sostenibile la risorsa acqua, raggiungendo, nel bilancio totale, notevoli risparmi economici. Del resto, già da alcuni anni, varie leggi affrontano l’argomento in modo quasi assillante. Al comma 228 dell’art. 1 della Legge Finanziaria n. 224 del 24.12.2007 si prescrive che “il rilascio del permesso di costruire deve essere subordinato alla verifica delle caratteristiche strutturali dell’immobile finalizzate al risparmio idrico ed al reimpiego delle acque meteoriche”.
La legge regionale 10 giugno 2008, n. 13, all’art. 5, fra i criteri e le modalità di salvaguardia delle risorse idriche e del loro uso razionale, prescrive “l’utilizzo di tecniche per il recupero delle acque piovane e grigie da cui il possessore del titolo abitativo per un intervento di nuova costruzione o consistente ristrutturazione può essere esonerato solo dietro motivata e circostanziata richiesta di esclusione specificatamente assentita dal comune”.
Molte amministrazioni comunali hanno prodotto appositi regolamenti in materia di gestione delle risorse e di efficienza energetica.. Molti comuni pugliesi applicano normative finalizzate al contenimento dei consumi idrici ricorrendo all’utilizzo delle acque meteoriche. La creazione dei necessari volumi di stoccaggio consente di raggiungere, come si diceva, il doppio scopo di ridurre il carico sulle reti fognarie e conseguire una corretta gestione della “risorsa acqua”.
In altre regioni italiane, già da alcuni anni, si è dichiarata guerra agli sprechi di acqua. Per fare un solo esempio, nel Collegio Einaudi di Torino, molto familiare agli studenti di ingegneria anche delle nostri parti, in fase di ristrutturazione ed ammodernamento, fra gli altri interventi, applicando i criteri di sostenibilità ambientale e risparmio energetico, si è fatto ricorso al recupero delle acque piovane aggiunto all’impianto di riutilizzo dell’acqua proveniente dagli scarichi delle docce di 140 bagni dell’edificio. Questo fa comprendere quanta importanza si tende a dare oggi alla “risorsa acqua”.
Del resto noi galatinesi non siamo insensibili a queste tematiche se la Commissione Consiliare in materia di “ambiente e territorio”, nella seduta del 22.06.2009, valutando i progetti relativi ad alcuni comparti, all’unanimità, esprimeva parere favorevole così verbalizzando: “a condizione che i proprietari lottizzanti realizzino idoneo impianto di smaltimento delle acque meteoriche relativamente alle strade pubbliche interne al comparto”. Naturalmente ne deriva che è anche antieconomico scaricare le acque private delle proprie terrazze su strade pubbliche.
Successivamente, il commissario prefettizio dott. Capuano, nel deliberare le nuove lottizzazioni, faceva proprio il parere della Commissione e lo riportava come conditio sine qua non nella delibera n. 66 dell’11.02.2010.
Bisogna anche ricordare che, già nel 1995, questo problema fu correttamente affrontato dall’Amministrazione Rizzelli quando la Commissione edilizia di allora rilasciò il parere favorevole alla realizzazione del Comparto di via Kennedy a condizione che i proprietari lottizzanti provvedessero, a propria cura e spese, al drenaggio ed allo smaltimento delle acque che in quell’area, da molti anni, formavano un vero e proprio bacino di raccolta finale. Saggia fu la prescrizione ed ottimi sono stati i risultati conseguiti.
Fra poco si ripresenterà analoga situazione se si dovesse decidere di realizzare l’area mercatale sulla superficie a ciò destinata dal P.U.G. Insomma, alla luce di tutto quanto detto, benvenga la realizzazione di tutti i comparti, se i proprietari lottizzanti la ritengono un’operazione economicamente valida, ma occorre programmare e realizzare tutti gli interventi, privati e soprattutto pubblici, adottando delle pratiche progettuali ed esecutive virtuose secondo i criteri dello “sviluppo sostenibile” e quindi evitando di scaricare oneri e danni ai futuri cittadini galatinesi.
Sollevando ancora l’asticella degli obiettivi, nel segno della lungimiranza e del “ben operare”, pongo all’attenzione dei lettori un altro problema. Da sempre vediamo realizzate le strade e poi, dopo poco tempo, ENEL, AQP, Telecom, Italgas, insomma tutti i gestori delle reti cittadine, procedono alla rottura del manto stradale per gli allacciamenti necessari o per guasti o per manutenzioni varie. Una saggia programmazione dovrebbe prevedere una galleria pluriservizi sottostrada, pedonabile, in cui corrono tutte le reti in modo facilmente ispezionabile. E’ il concetto della “strada attrezzata”. In questo modo tutto diventa più funzionale al futuro sviluppo tecnologico evitando anche il caos del traffico per interruzioni della viabilità, i disagi per gli esercizi commerciali ed ottenendo l’abbassamento dei costi di manutenzione. In via subordinata, si dovrebbe almeno disporre di un semplice piano regolatore delle reti cittadine di distribuzione per evitare dannose e costose interferenze ed indebite rotture.
Non sono argomenti “marziani”. A me studentello di ingegneria, non ieri, ma alla fine degli anni ’60, insegnavano questi metodi. Ora sono leggi dello Stato italiano. Si tratta del cosiddetto PUGSS (Piano Urbano Generale dei Servizi del Sottosuolo). Per i Comuni con più di trentamila abitanti o con notevoli presenze turistiche c’è l’obbligo legislativo di mettere ordine nel reticolo dei tubi, cavi e condutture sotto il suolo della città. E’ uno strumento di pianificazione frutto di una apposita Direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 3 marzo 1999 in attuazione del nuovo codice della strada e del suo regolamento di attuazione così come modificato ed integrato dal DPR 16.09.96 n. 610 art. 54. Le disposizioni devono essere applicate in occasione della realizzazione dei servizi tecnologici di aree di nuova urbanizzazione (come i nostri comparti) e nei rifacimenti di quelli esistenti, quando centri storici, periferie e quartieri residenziali o produttivi vengono sottoposti a significativi interventi di riqualificazione (come i nostri P.I.R.P.)
Già i Comuni più avveduti si sono attivati in questo senso provvedendo al censimento delle reti esistenti ed ipotizzando nel contempo le reti e gli assetti futuri, regolamentando l’organizzazione, la riqualificazione e la manutenzione, le modalità di intervento e soprattutto il coordinamento tra i vari enti e società che realizzano e gestiscono le reti del sottosuolo; hanno, in poche parole, elaborato il Piano urbano del sottosuolo.
Tutti gli argomenti trattati non sono certo secondari per la qualità di una Città che creda nello “Sviluppo sostenibile” poiché tutti interessano i temi ambientali, infrastrutturali, energetici, di cablaggio e non ultime le economie che ne derivano.
Le eventuali maggiori spese iniziali devono intendersi come un investimento per il futuro, se si vuole programmare, conservare, prevenire ed, in sintesi, gestire correttamente le risorse. Non si può continuare a rincorrere il quotidiano, l’emergenza, l’intervento a posteriori, se si vuole essere coerenti con quello che si dice e si vuole progettare uno “sviluppo” che sia veramente “sostenibile” nel pieno rispetto dei termini.
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