La scomparsa di Zygmunt Bauman
«Nel giorno della scomparsa di Zygmunt Bauman, tra i più grandi intellettuali del nostro tempo, l’Università del Salento ricorda l’emozionante cerimonia, nell’aprile 2015, organizzata in occasione del conferimento della laurea honoris causa in Lingue Moderne, Letterature e Traduzione Letteraria», dice il Rettore Vincenzo Zara, «In quell’occasione abbiamo avuto modo di proporne l’esempio umano e scientifico, la capacità di leggere e decodificare i cambiamenti, lo spirito di osservazione, l’analisi e la critica costantemente esercitate, la varietà degli interessi, l’interdisciplinarità dell’approccio, l’utilizzo stesso di parole sempre più rare come “diritti” e “dialogo”. Un esempio unico per i nostri studenti e per tutti noi, uomini e donne della contemporaneità».
«Nel corso della sua straordinaria carriera», si legge nella motivazione del conferimento, «Zygmunt Bauman ha costantemente attraversato universi disparatissimi. In bilico fin dalla nascita tra culture diverse, ha successivamente vissuto e insegnato in Israele, nel Regno Unito e in moltissime altre nazioni e località. Egli è stato capace di studiare a fondo situazioni diverse, di indagare con intelligenza e con amore società dalle caratteristiche eterogenee, padroneggiandone la lingua e la cultura, mettendo costantemente in luce le occasioni e le motivazioni che spingono al dialogo i popoli e gli individui: questo rappresenta l’essenza stessa del vivere sociale, meravigliosamente illuminato dall’opera del ricercatore».
«Assieme alle più sentite condoglianze alla famiglia e a tutti coloro che gli erano vicini», conclude il Rettore, «riproponiamo la lettera che i sociologi del nostro Ateneo indirizzarono al professor Bauman in quella preziosa occasione».
Carissimo professor Bauman,
noi non abbiamo paura delle parole. È una delle cose che lei ci ha insegnato, e che noi abbiamo imparato dalle pagine dei suoi libri. Lei non ha mai alzato la voce, non ha mai urlato: eppure non per questo è stato meno udibile e meno ascoltato. Dalle sue opere emergono analisi impietose sullo stato della nostra società, sui suoi rapporti sociali ineguali, sulle sue sperequazioni. E anche, cosa persino più preziosa, emerge un pensiero coraggioso sullo stato della nostra memoria collettiva, sulla sua enorme difficoltà di fare i conti con gli slanci e gli orrori del Novecento.
Ebbene, lei è stato tra quelli che hanno parlato senza temere le parole e il loro effetto. Noi le diciamo – senza timore né piaggeria – che lei è per noi una persona importante. Noi le dobbiamo rispetto e gratitudine. Le dobbiamo rispetto per i temi che ha sollevato, posando sulle vicende della modernità uno sguardo inedito. Lei è andato oltre la crisi della nostra disciplina, e ha spinto il mondo ad accorgersi che l’indagine sociale ha significati capaci di universalizzarsi. E che uno sguardo ampio sulla società è necessario, perché spinge la società a interrogarsi su se stessa, a ridiscutersi, forse persino a rimettersi in gioco.
Dire che la società è liquida è diventato un luogo di tutti, ma per arrivare alla metafora della liquidità bisogna aver usato vari microscopi analitici, aver guardato dentro il ribollire dei fenomeni sociali vecchi e nuovi, aver visto accadere la globalizzazione, l’esplosione del lavoro precario, il controverso moltiplicarsi dei media sociali, l’emergenza ecologica. Lei ha analizzato questa messe di fenomeni dall’interno del loro stesso manifestarsi. Un compito difficile ma indispensabile se si concepisce la scienza sociale come un’esplorazione che prefigura la condivisione della conoscenza. Lei ha avviato una relazione importante con altri settori delle scienze storico-sociali, e ha promosso l’idea che si possano apportare contributi sociologici, tanto solidi quanto vitali, senza mai disconoscere il valore di chi osserva il mondo a partire da altre premesse, con altre metodologie. Anzi, le opere saggistiche sulla società che riescono a caratterizzare un’epoca – come nel caso di molti suoi lavori – dialogano spontaneamente con diversi altri approcci, producendo ancora una volta condivisione intellettuale.
La sua opera è stata cucita con pazienza e perseveranza. I suoi lavori editoriali, come i suoi studenti, si sono moltiplicati. Il suo modo di scrivere e di esprimersi sociologicamente sono presenti non solo agli studiosi e agli studenti di scienze sociali, ma anche a un numero considerevole di lettori, appassionati all’idea di comprendere la società e come essa “accada” negli individui.
Con il suo lavoro recente ha ottenuto almeno due risultati per noi, come sociologi, molto importanti: il primo risultato è che con lei la sociologia ha ripreso a parlare a un pubblico di non specialisti. Le sue opere sono tradotte in tante lingue e ovunque diventano casi editoriali dimostrando che la sociologia, quando è in grado di guardare la realtà da una prospettiva autonoma e lucida, serve ai cittadini per capire i caratteri della società attuale e i suoi possibili sviluppi. Il secondo risultato è che lei ha dimostrato come un uso intelligente delle categorie classiche e post-classiche che la sociologia ha elaborato rappresenti uno strumento potente per comprendere la realtà, per molti versi aggrovigliata e incomprensibile, che il mondo occidentale sta vivendo. Grazie alla sua produzione noi sociologi riacquistiamo fiducia: ricominciamo a parlare un linguaggio che comunica anche ai non sociologi e ricominciamo a dialogare con i nostri concetti, applicandoli ad un mondo che cambia.
Sarebbe per noi impossibile anche solo sintetizzare la vastità dei temi che lei ha trattato nei lunghi anni della sua carriera. Ciò che ci sembra importante segnalare è che con forza analitica lei ha messo in evidenza la dimensione spesso ambivalente del moderno, senza temere di entrare nel merito dei suoi tratti più cupi: l’Olocausto, ad esempio, e con esso la feroce assurdità di una razionalità vocata allo sterminio.
Lei ha dato anche nuovo vigore alla figura del sociologo, inteso non come consigliere del principe o come fautore dell’ordine, ma come garante della diversità, dei diritti, dell’inclusione dell’altro. E ha dato vigore alla scrittura sociologica, non una scrittura tecnica ma una scrittura densa, carica di implicazioni, evocativa, in questo senso politica e liberatoria.
Caro professor Bauman, per tutti questi motivi i sociologi dell’Università del Salento esprimono gratitudine nei suoi confronti e sono orgogliosi di far parte di un Ateneo che ha deciso di riconoscere al massimo grado l’attualità e la forza del suo pensiero.
Grazie di cuore a nome di tutti noi.
Tweet |