La morte è uno sguardo

Giusto il tempo di asciugare un pensiero, il tempo di far assopire la memoria, di riconoscere la sera ed un nuovo fremito ci impaura. Dove è la morte? Sulle ruote d’un carrello, celata in uno zaino, cinta ai fianchi d’un uomo, riposta nella canna d’un fucile.
Ha un suo segno, la morte, silenzioso ma non invisibile, efficace ma non evidente, deciso ed impietoso. La morte è uno sguardo. E’ lì che scompare l’uomo: nel paradosso degli occhi. Nel punto in cui giunge la luce, la luce scompare. Basta uno sguardo che s’incrocia con un altro sguardo.
Sarebbe semplice sopravvivere, se si imparasse ad osservare, se si imparasse a leggere la luce fioca o intensa sugli altri volti. Sarebbe semplice riconoscersi per sopravvivere. Ma sono effimere le parole ed è effimera la storia.
Non c’è nulla che rinasce dal dolore, è solo quello che resta che si fa dono: è il senso della Pasqua, che ci appartiene, ed appartiene solo a noi cristiani. Un senso che non riusciamo a condividere.
Chi si sacrifica e si immola ha bruciato il suo sguardo difronte ad un dio che porta con sé e non lascia doni, oltre e dopo il dolore.
Bisogna, allora, alzare lo sguardo e guardare lontano, alzare lo sguardo e riconoscere che il dono prezioso ed assoluto che ci è rimasto, quello che siamo, non ha prezzo, ne altro dio.

 

 

Domenica, 27 Marzo, 2016 - 00:07

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