La belvedere
Diamine a quella BELVEDERE che per in po’ non mi staccava i bottoni del cappotto. Non ne passavano tante anzi erano abbastanza poche e rare le macchine in circolazione e forse per questo, quella volta senza pensare, mi staccai dalla mano di mia madre e feci per attraversare la strada. Stavo per finire sotto quella BELVEDERE con le rifiniture in legno, color miele, questione di millimetri, questione di secondi, questione di fortuna.
Avevo, si e no, 6 anni, quella strada era attraversata da una decina di macchine al giorno ed io per combinazione, proprio allora la attraversai senza guardare, per andare non so dove, non so da chi. Non era ancora neanche asfaltata e i marciapiedi non erano neanche tracciati.
Quella persona si fermò subito, era spaventata e spaventata e impietrita era pure la mia mamma. Io, colore bianco come la neve, non sapevo che dire, che fare per giustificarmi.
Una volta a casa, seguimmo tutto il percorso terapeutico previsto in caso di spavento: bicchiere d’acqua e pipì.
I rimproveri e le raccomandazioni già cominciate per strada, continuarono e mia madre con voce tremula e rotta dal pianto, provò a spiegarmi le conseguenze che sarebbero potute accadere.
Si gridò al miracolo, e per le successive settimane il racconto dello spavento e del fatto, accompagnò ogni discorso. Non mancarono neanche preghiere e ceri accesi alla Madonna su un altarino che mia madre aveva improvvisato in casa.
Imparai la lezione e furono tante le raccomandazioni che, da quel giorno in poi, ero sempre l’ultimo ad attraversare la strada, dopo che era passata l’ultima macchina visibile ad occhio nudo.
Che dire poi di mia madre, rimase sempre con quella preoccupazione costante che le passava solo quanto sentiva aprire la porta e mi vedeva entrare in casa.
Quella volta la scappai bella, ma non seppi o forse non riuscii a scansare tanti altri ostacoli imprevisti che si presentarono uno dopo l’altro nel corso degli anni che arrivarono e passarono frettolosamente senza mai fermarsi un attimo.
Alcuni mi sono finiti addosso, altri mi hanno travolto, altri non m’hanno fatto niente.
Abbiamo dati gli stessi consigli, avute le stesse paure, date le stesse cure. E oggi siamo ancora qua, fermi ancora davanti a un bivio ad indovinare la strada migliore, la strada peggiore, la strada in salita, la strada in discesa. Ma questa volta non più per noi.
Siamo ancora fermi qua a regalare la nostra esperienza, la nostra conoscenza, la nostra esistenza.
Siamo ancora qua, possessivi e anche un po’ ossessivi, a consigliare a scegliere, correggere, proteggere.
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