"Incrociando dati sanitari e ambientali, sono emerse varie coincidenze che avvalorano l’ipotesi del legame smog-coronavisrus"
Varie ricerche condotte da atenei europei ed americani, pubblicate in aprile stanno gettando luce sull’ipotesi di un legame tra coronavirus ed inquinamento atmosferico. Anche io, da ingegnere ambientale ed ex ricercatore presso l’Università di Trento, dopo i primi sospetti, ho condotto uno studio rendendo pubblici i risultati lo scorso marzo. Preciso che lo scopo della mia ricerca non è quello di dimostrare un principio di causa-effetto sostituendomi agli epidemiologi, ma quello di mettere in chiaro, su una base scientifica, tutte le coincidenze (tante) emerse. Saranno i medici a dirci se e quanto lo smog abbia giocato un ruolo.
Incrociando dati sanitari e ambientali, sono emerse varie coincidenze che avvalorano l’ipotesi del legame smog-coronavisrus. Si tratta di due differenti aspetti: il primo riguarda la diffusione del contagio, il secondo la virulenza del virus.
Che correlazioni sussistono tra i capoluoghi più inquinati e il tasso di contagio ?
Questo è più alto nelle città interessate dall’emergenza polveri sottili a gennaio e febbraio 2020. E’ emerso da studi su altre epidemie (ad esempio sull’aviaria a Taiwan) che il particolato funge da vettore di trasporto del virus, accrescendo la propagazione del contagio. Nelle province con un tasso di contagio più alto, quasi tutte in Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte, i dati sulle concentrazioni delle polveri sottili a febbraio segnavano picchi molto alti. Se guardiamo il periodo intercorso tra questi giorni e l’inizio dell’epidemia, questo coincide, grosso modo, col tempo medio di incubazione del virus. Per tener conto di altri fattori che potrebbero aver influito sul diverso andamento del contagio, il confronto è stato fatto anche con aree metropolitane del centro sud con caratteristiche simili a quelle del nord, per demografia e mobilità. Qui le curve epidemiche hanno l’andamento tipico del contagio persona-persona, in quelle del nord è molto più repentino e anomalo, indice dell’esistenza di un ulteriore fattore di accelerazione dell’epidemia.
Cosa si può dire riguardo l’aggressività del virus verso chi è esposto a grandi concentrazioni di polveri sottili ?
È ampiamente provato che una prolungata esposizione ad alte concentrazioni di particolato, rende l’organismo (anche nei soggetti sani), più propenso e vulnerabile nei confronti delle patologie respiratorie. Recentemente stanno giungendo conferme dagli studi sulla polmonite da coronavirus, e l’Istituto Superiore di Sanità ci da già un’importante informazione a riguardo: i fumatori corrono un rischio più che doppio di contrarre una polmonite da coronavirus. Incrociando i dati emerge che il tasso di letalità, come quello di ospedalizzazione, risultano molto più alti in tutte quelle città che sono posizionate nei primi posti nelle varie classifiche relative all’inquinamento.
Per poter giungere a questa constatazione si è anche tenuto conto del diverso numero di tamponi. Un'ulteriore coincidenza si trova indagando il tasso di mortalità degli anni passati, legato a tumori e patologie dell’apparato respiratorio.
Ho analizzato i dati delle province autonome di Bolzano e Trento (dove attualmente mi trovo), non interessate da particolari problemi di inquinamento: gli indici di mortalità, negli anni passati, sono sempre stati molto più bassi. Oggi i tassi di letalità ed ospedalizzazione da coronavirus sono di gran lunga più contenuti rispetto a quelli delle regioni più colpite da covid-19.
Un’altra possibile correlazione con l’inquinamento si trova considerando fattori orografico-climatici. Perché proprio la Val Seriana è così colpita ? Essa è aperta sulla pianura di Bergamo, dove ci sono industrie, autostrade, l’aeroporto, è una zona molto inquinata. Nella valle, stretta e lunga, a causa della sua conformazione orografica, si innesta un ciclo di venti che di giorno provengono dalla pianura e la risalgono, mentre di notte soffiano in senso contrario. Il confronto temporale sui dati di inquinanti tra Bergamo e Nembro, comune di 11mila abitanti a metà della valle, mostra come in quest’ultimo, di giorno, i picchi di concentrazione siano molto più alti e duraturi di quanto non avvenga in pianura. Quindi il vento trasporta gli inquinanti e li accumula per buona parte della giornata. Quando di notte i venti spirano verso la pianura, c’è bisogno di molte ore perché l’aria torni a purificarsi fino a valori accettabili. Ma nel bilancio complessivo delle 24 ore, la concentrazione media nella valle risulta molto più grande di quanto non avviene in pianura. Questo potrebbe aver amplificato la diffusione e l’aggressività del virus in quella che oggi è l’area più colpita d’Italia.
Se queste correlazioni fossero confermate, ad epidemia finita bisognerà ripensare alla prima emergenza del 2020 e di cui ci si è già dimenticati, l’emergenza polveri sottili, e ripensare in toto la politica ambientale del nostro paese.
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