Il ricordo di monsignor Paolo Ricciardi
Mons. Paolo Ricciardi non è più tra i suoi concittadini che lo amavano e lo onoravano come il loro oracolo, che chiudeva il ciclo degli ecclesiastici nativi di Otranto. Aver usato un termine desueto non mi esime dal chiosarmi dicendo che la sua è stata la voce che dalla foce dell'Idro al colle dei Martiri ha echeggiato per tanti anni come folgore a ciel sereno, e non soltanto fonicamente parlando, ma anche sotto l’aspetto operativo e culturale; abituato io alla scrittura, mi domando come abbia fatto a produrre una tal mole di testi, di saggi, di interessanti “reperti” storici e di immagini sugli argomenti attinenti alle orme molteplici della sua Città nei vari campi del suo millenario percorso, Otranto.
Il riscatto del sacrificio degli Ottocento dall'oblio e dalle ritardate prese d'atto della loro testimonianza è stato opera di Don Paolo che con Mons. Antonio Antonaci costituirono un fulcro culturale e teologico efficace. Don Paolo, che per decenni è stato voce d’apostolo, chiamato a predicare in tutte le parrocchie dell’arcidiocesi e in molte del Salento, da tre decenni è divenuto anche parola scritta, e le sue opere, oltre 40, attestano doti inaspettate; le biblioteche con i saggi documentali in particolare che egli ha prodotto, hanno visto arricchirsi di molto la storiografia sulla Città martire e sulle sue vicende dal punto di vista religioso e civile. Non è questa nota il luogo adatto per elencare gli innumerevoli incarichi che la sua capacità, la sua preparazione e disponibilità hanno attratto sulla sua persona, ovviamente negli ambiti ecclesiastici locali e nazionali, quantunque l’aspetto amministrativo in ambito costruzione chiese e annessi lo vedevano lambire anche gli uffici civili di competenza. Ogni volta che pubblicava un suo saggio faceva visita ai sacerdoti della diocesi per farne dono. Da questo si comprende quante occasioni egli ha avuto di avvicinare i sacerdoti che gradivano molto la sua visita e le sue confidenze. Don Paolo ha messo a disposizione le sue energie nella Missione di Roraima in Brasile, per più stagioni vi si recò svolgendo attività pastorali accanto agli ultimi e più poveri degli indigeni. Ne fanno fede i libri che ha scritto sull’argomento corredati di foto in cui compare mescolato ad adulti e bambini presso le loro capanne. La sua morte è avvenuta sul limitare, la vigilia, del suo onomastico il 28 giugno u.s., e all’età di novant’anni. Ora che l'ultima figura di prestigio del collegio canonicale idruntino ci ha lasciati, resta solo da rifondare in prospettiva emulativa la figurazione di una comunità diocesana vocata a vivere nella storia con dignità e onore. Un qualcosa -lo diciamo con sincerità- è mancato a Don Paolo, il sigillo episcopale, ne avrebbe svolto il ruolo con fervoroso impegno, pari al suo temperamento vivo e amicale, ma quel che lui ha rappresentato, ha fatto e la carità ha coronato, ne fanno un vero apostolo e missionario sui generis.
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