Il più delle volte era già passata

L’arrivo dell’ Epifania, chiudeva tutte le feste e l’allegria, che aveva accompagnato quella quindicina di giorni di vacanza, faceva posto ad un velo di tristezza per il ritorno a scuola. I compiti da fare rimandati, come al solito, da un giorno all’altro, non erano mai fatti del tutto e a volte non erano proprio fatti. Alla Befana ci credevamo davvero, ben oltre l’età  sino a cui credono oggi i bambini ed era così forte il pensiero che quasi sempre ci svegliavamo di notte per vedere se era “passata” ed il più delle volte era già “passata”.
Appendevamo un calzino pulito e quasi sempre rammendato al letto prima di addormentarci  col pensiero della Befana. E non vi dico una volta svegli nella notte, quando ci accorgevamo che era “passata”, la gioia, l’allegria, la felicità di vedere che delle tante cose che avevamo elencato, qualcosa era arrivata.
Allora erano sempre piccole cose, un pallone, una pistola e per qualcuno più fortunato il fucile a piumini. Non ricordo più quante pistole a “tubetti” ho distrutto, si cominciava a  sparare che era ancora notte, fumo e puzza riempivano ben presto la stanza.
Il giorno dopo eravamo tutti un po’ cow-boy, pistole nel fodero e noi sempre pronti ad estrarle e colpire. Qualcuno invece ci mostrava il pallone di cuoio, ma ancora non si poteva giocare, bisognava prima “ingrassarlo” più volte e lasciarlo asciugare per farlo diventare più morbido e resistente. Nella calza poi non mancava mai un po’ di carbone ed  un buon motivo per riceverlo c’era sempre.
Ormai ero diventato più grandicello, qualche dubbio sulla Befana mi cominciava a venire e già qualcuno della mia stessa età non ci credeva più. Forse fu l’ultimo anno che aspettai che passasse la Befana, nella lettera avevo manifestato il desiderio di ricevere un arco, con le frecce e il bersaglio. Quella fu l’ultima volta che passò la 'Vecchia con la scopa' e quello fu l’ultimo regalo che mi portò.
La mattina dopo ero a mille, bersaglio fissato al muro al posto di un quadro un po’ scolorito e in po’ sbiadito dall’umidità ed io che caricavo e lasciavo partire le frecce. Diavolo di quella freccia che andò dalla parte opposta al bersaglio, fece il giro della casa scansando ogni cosa ed andò a infilarsi nel braciere acceso, facendo saltare un po’ di cenere ardente sulle gambe della nonna che era seduta lì vicino.
Partì  l’urlo di spavento della nonna a cui seguì l’urlo di mia madre che nello spostarsi per vedere cosa fosse successo, rovesciò una bottiglia di “cotto” prima sul tavolo e poi sul pavimento. Dopo pochi secondi, quando m’ero già nascosto in qualche angolo della casa, arrivarono le vicine anch’esse spaventate dalle urla e dal rumore,  che contribuirono a tranquillizzare nonna e mamma e aiutarono a pulire tavolo e pavimento.
Verso l’imbrunire, cominciai a colpire il cerchio più piccolo del bersaglio, ma ormai era quasi buio ed in quel piccolo cortile fuori casa cominciava a nevicare. Dovevo entrare in casa e in casa non si poteva più giocare. Colpa del freddo che continuò a lungo, dopo qualche giorno ricominciai a maneggiare arco e frecce di nuovo in casa.  Una cosa non potevo fare a meno di notare, appena prendevo l’arco, ognuno, senza farlo capire, cercava di mettersi al riparo dietro qualche mobile oppure si allontanava. In quella casa insomma si perdeva la tranquillità. Io però non le la sono mai presa.
Ritornai a scuola che ero ancora intontito da botti, dolci e regali, per giunta dovevo abituarmi all’idea che la befana non esisteva e non era facile.  Quella vecchietta che viaggiava su una scopa tra le stelle  e con un sacco pieno di regali in spalla, non sarebbe più passata da casa mia. Invece no, anche l’anno successivo passò e guarda caso indovinò le cose che gli avrei chiesto, i regali che desideravo.
Mi sforzai a pensare che forse mi sbagliavo, che forse esisteva davvero, cercai di trovare un solo motivo che confermasse quello che mi sarebbe piaciuto immaginare. Non lo trovai. Ringraziai i miei genitori per tutto quello che avevo avuto in tutti quegli anni e soprattutto perché. insieme ai doni, mi avevano regalato la magia e la poesia di farmi credere alla Befana.

Martedì, 6 Gennaio, 2015 - 00:07