Il governo che non c'è

Tutto si complica se si considera pure che sorge l’assillo su quali potranno essere gli schieramenti politici prossimi in campo, quali alleanze e quali propositi si avranno, con quale spirito di adeguamento si risponderà ai tempi e ai travagli, essendo acquisito il convincimento che alle nostre spalle si annovera, purtroppo, un ventennio di gestione, quasi fallimentare, strapieno di storture e reiterate illusioni. Né – in tale precario contesto – si può sottovalutare che, intanto, è cambiato, in ogni suo aspetto, l’universo mondo e che si fatica a comprenderlo appieno sino al punto di restare inerti e sentirsi inadeguati nel mentre i mutamenti si accavallano in tempo reale. Ci si basa sulla presunzione che gli individui agiscono più razionalmente se sono liberi di perseguire i propri interessi, come pare loro più opportuno, e che alla fine ciò sarà di beneficio per tutti. E ciò mentre si consolida più marcatamente una sfiducia generalizzata da parte della gente, per giunta corrosa da un montante scontento plenario.
Successivamente ed a proposito di leggi elettorali, bisogna trovare l’equilibrio tra la primaria esigenza di esprimere un governo di legislatura e la rappresentatività politica del paese. Sarebbero precisazioni fondamentali con tant’altre, da meditare nel “superficialismo” imperante. Sembra, per dirla con il Montale, che “tendono alla chiarità le cose scure”. Finalmente!
Nel nostro paese, mi sembra, stia accadendo qualcosa di simile alle amministrative del 6 maggio del 1990, quando – dopo la spaccatura della DC – si dissolse la governabilità a causa di “tiepidismi”, fughe e viltà; un impasto di dissolvenza e di divisione che è durato a lungo e continua ad accadere, nel contesto di forze partitiche, con il conseguente blocco di qualsiasi tentativo di razionale volontà unitaria e di riscatto della parte buona del proprio essere in politica.
Aspetti che, poco o niente, possono ottenere dal conforto accomodante degli altri. Bisognerebbe riprendere ed offrire al buon senso dei cittadini una verace ricapitolazione politica del proprio operato, senza affidarsi alla vacuità di opinioni distorte, di serrate in schieramenti preconcetti, a probabili saggi o al buonismo degli avversari.
Necessita, quindi, un ripensamento sulla primaria esigenza di una forte unitarietà da parte di coloro che hanno subito umiliazione come spesso in politica accade. Altrimenti la rilettura delle azioni compiute, rischia di tramutarsi in ipocrita esaltazione, propiziatrice di altri futuri seppellimenti! Proprio questo realistico e inquietante scenario esige, con urgenza, una congeniale presa di coscienza e il richiamo di obbligate ed esemplari nostalgie, tanto da cercare il futuro nel grembo del passato.

Lunedì, 23 Aprile, 2018 - 00:05