Il fantasma di un cavallo bianco

L'indimenticabile veglioncino dei bambini nel 'Cavallino bianco' di Galatina

 L’”apparizione” di quel cavallo bianco, sfocata dal pulviscolo reso visibile da lame di luce, come una sorta di madeleine proustiana, mi genera una pletora di ricordi ed emozioni tra esaltazione e malinconia. L’imponente mole ancora più maestosa agli occhi di un bambino, su cui, in attesa della proiezione del film, padri orgogliosi ci facevano montare in groppa, fa mostra di sé dalla “galleria”.
I ricordi si accavallano (e mai parola risultò più appropriata), e subito si ricompongono le immagini dei primi film di cui si serba il ricordo: quel bianco e nero del primo King Kong diretto dal duo Cooper/Schoedsack, che reggerà in maniera egregia il confronto col remake di Jeff Bridges con la bellissima Jessica Lange e per cui Rambaldi vinse il primo dei suoi Oscar per gli effetti speciali (il secondo remake diretto da Peter Jackson, se lo si è visto non era più in quella sala).
E poi la sequela dei film western, che probabilmente per un’eccessiva sovraesposizione si è dapprima odiata, per poi finire rivalutata in anni successivi dopo la visione di film e autori straordinari quali Peckinpah, Ford, Leone e Hawks. E ancora i film parodia di Franchi e Ingrassia e la serie infinita che aveva per protagonista Totò, pellicole che riempivano la sala fino all’inverosimile, e che avrebbero fatto insorgere i salutisti di oggi, dato che lo schermo appariva dietro una spessa coltre di fumo di sigaretta, e a ciò si aggiungevano le poltroncine in legno per nulla confortevoli ed il sicuro congelamento di mani e piedi nei mesi invernali. Ma tutti i disagi come per magia, svanivano allo spegnersi delle luci in sala.
E come dimenticare i famosissimi Veglioncini dei Bambini, dove poteva capitare di ritrovarsi sul palco in abiti carnevaleschi per la gioia dei familiari, e conseguente estremo imbarazzo dei piccoli inconsapevoli del nuovo seppur momentaneo ruolo.
E per ultimo, l’attesa di noi ragazzini per l’arrivo delle popstar di allora, quando si tornava a casa felici per il solo aver intravisto il volto (il concerto, com’è ovvio, non rientrava nelle nostre possibilità) di Mal dei Primitives o di Wess e Dori Ghezzi.

 

Lunedì, 11 Febbraio, 2013 - 00:05

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