“Il delitto Moro è politico perché ha colpito una prospettiva"
La ricostruzione del sequestro Moro per come ci viene raccontata? Una sceneggiatura da fiction. Moro come i Kennedy, Patrice Lumumba, Martin Luther King: ucciso per fermare il cambiamento. Sul Caso Moro è stata calata come una verità di comodo, come una cortina di fumo. Per dissiparla molto ha fatto la seconda commissione bicamerale, attiva nella scorsa legislatura.
Dalla Puglia, con i quattro progetti del Consiglio regionale, si cerca ora di “informare i giovani ed anche formare chi dovrà insegnare ai prossimi giovani”. È stata la giornalista e scrittrice Stefania Limiti ad aprire nuovi scenari storici nel terzo incontro con i docenti, in programma nel quadro del progetto “Moro: Educatore”, promosso d’intesa con l’Ufficio Scolastico di Puglia, l’IPSAIC e la Società Italiana di Scienze Umane e Sociali (SISUS).
L’on. Gero Grassi – sua la proposta di costituire la Commissione parlamentare Moro - ha presentato la cronista romana come un’appassionata studiosa di terrorismo, politica internazionale, vicende oscure della storia del ‘900. Nel corso dell’incontro in via Capruzzi è intervenuta sul tema della strategia della tensione, ha illustrato il ruolo di un servizio segreto tanto longevo quanto poco noto, l’Anello, ha portatore alla luce altri “pezzi” di storia nazionale di cui non si parla. Il Caso Moro, ha spiegato Stefania Limiti, è iscritto a pieno titolo nella strategia della tensione, che ha accompagnato la nostra Repubblica fin dalla sua nascita e che gli Stati Uniti e l’Alleanza Atlantica hanno messo in campo per mantenere gli equilibri dell’area sud mediterranea.
Della tragedia dello statista pugliese “non abbiamo capito l’impronta”, ha aggiunto. “Non sappiamo chi, come e perché abbia interferito nell’azione di un gruppo rivoluzionario, che alla fine non ha realizzato fino in fondo il suo obiettivo vincente, quello di destabilizzare il nemico, restituendogli l’ostaggio che il nemico non vuole”.
Dopo le sue lettere dalla prigione, Moro vivo e sano sarebbe caduto come una bomba atomica sulla DC. Perché non è successo? Perché la presunta geometrica potenza militare brigatista si è stemperata in una conclusione che ha fatto il gioco degli avversari, conservando, invece di sovvertire? Altri hanno avuto modo “di imbrigliare la verità”, limitandola alle “presenze visibili” (BR, DC, vittime), per impedire – ha detto con chiarezza la giornalista romana – di capire il vero significato del Caso Moro; “non un efferato episodio criminale, ma un delitto politico”, realizzato con finalità che vanno oltre la visione del gruppo che lo ha messo in atto.
“Il delitto Moro è politico perché ha colpito una prospettiva, è maturato nel contesto di un grande establishment internazionale”. Ha congelato equilibri, respinto il nuovo. Ha conservato. Ha cristallizzato. Ancora una volta, le “lezioni a chi farà lezioni” sul Caso Moro hanno portato alla luce aspetti poco conosciuti o per niente noti.
Prossimi appuntamenti, il 28 febbraio, con Moro costituente e il 14 marzo, con Alberto Franceschini, l’ex capo delle BR.
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