Il cervello conta in automatico
È stata pubblicata su Nature Communications una ricerca dell’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (In-Cnr) e Dipartimento di neuroscienze, psicologia, area del farmaco e salute del bambino dell’Università di Firenze. La ricerca ha evidenziato che il nostro cervello riconosce in automatico la numerosità, così come riconosce i colori e le forme. Le valutazioni della numerosità di una scolaresca, dei cioccolatini dentro una scatola, delle foglie rimaste su un albero sono compiti che di tanto in tanto nella vita risvegliano dentro di noi il senso del numero, che però, in realtà, è sempre pronto all’azione, a scattare in modo automatico.
“Abbiamo mostrato ad alcuni soggetti delle schermate che contenevano tre nuvole di punti”, spiega Guido Marco Cicchini, ricercatore dell’In-Cnr. “Due delle nuvole erano identiche tra di loro, una terza era diversa e i soggetti dovevano individuarla. Le diversità potevano essere colte nella grandezza della nuvola, nella distanza tra i punti oppure nel numero dei punti. Abbiamo così rilevato che la caratteristica più importante che porta i soggetti a stabilire la diversità è proprio la numerosità. Questo indica che il cervello possiede alcune categorie numeriche che si attivano in automatico quando ci si trova davanti a moltitudini di oggetti che costituiscono un aspetto primario di come guardiamo il mondo che ci circonda”. Lo studio è stato eseguito su una decina di soggetti sani sottoposti a circa 500 presentazioni ciascuno.
Lo studio dei ricercatori di Cnr ed Università di Firenze ha dimostrato però che i giudizi di area e di affollamento, spesso, sono poco affidabili e inadatti a fornire una stima numerica precisa. “Sebbene la numerosità emerga come una caratteristica primaria ed automatica, non sempre essa è corretta. Circa il 4% della popolazione, infatti, è affetto da discalculia, un disturbo che impedisce sia i giudizi percettivi sia le operazioni matematiche”, prosegue Cicchini. “Raffinare la comprensione per i numeri, servirà anche a progettare esercizi più mirati per allenare le capacità matematiche”, conclude David Burr professore all’Università di Firenze. Una prospettiva questa, che potrebbe portare a ridurre l’attuale diffusa avversità per la scienza dei numeri.
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