God save Erasmus! Ovvero una galatinese alla scoperta del mondo

Mi sono sempre chiesta di cosa vivano le persone che non hanno mai viaggiato. Voglio dire, come fanno a scegliere ciò che vogliono se non hanno scoperto nemmeno una parte infinitesimale del mondo? Credo che i viaggi cambino profondamente le persone, fino a toccare le anime e sconvolgerle. L’Erasmus ha provocato in me proprio questo effetto, così ora non riesco più a stare ferma.
Tutto comincia un giorno qualsiasi, come al solito pieno di miei desideri e aspirazioni. Sogno di studiare all’estero in lingua straniera, così faccio domanda per la borsa di studio Erasmus. Fa tutto parte di una linea immaginaria che da intenzione diventa progetto, poi biglietto e poi chilometro. Saluto la mia famiglia e i miei cari con gli occhi ricolmi di speranza, agitazione e adrenalina. In un schioccare di dita mi ritrovo in un universo parallelo dove tutto è nuovo, io sono speciale perché esotica e il tempo e lo spazio non hanno alcun peso. Sono nel cuore del Belgio, precisamente a Louvain-la Neuve, ridente e folle cittadina universitaria.
Quando si arriva in una città nuova non ci sono che strade a perdita d'occhio e file di palazzi privi di senso. Tutto è misterioso, vergine. Ancora non lo sapevo ma avrei percorso le sue strade quasi a consumarle, avrei esplorato ogni zona, vissuto delle storie con quella gente. Basta un attimo e tutto questo ti appartiene.
E’ soprattutto una sfida con te stesso: cominci una nuova vita, in un nuovo Paese con una nuova università, nuova lingua e nuove persone da scoprire. Non hai alcun tipo di legame a cui poterti aggrappare, si potrebbe definire come l’essenza prima della libertà. Mi butto a capofitto in questa folle avventura, divento una spugna e cerco di prendere il meglio da tutto e da tutti. Ogni giorno aggiungo un pezzo importante alla mia “opera”, costruisco un enorme castello di esperienze, ricordi, emozioni. Sono così tanti che se dovessi provare a ripercorrerli tutti mi ci perderei sicuramente: la mia mente fa scorrere immagini come nottate a parlare un francese misto a inglese misto a spagnolo, passando dai discorsi più stupidi all’origine della vita, a guardare le stelle e a raccontarti, a condividere e a scoprire, a ridere fino a sentirti male, a prendere un treno senza sapere dove si sta andando, a girovagare per le magiche strade di un’Amsterdam notturna, a perdersi per ritrovarsi a dormire in una stazione ed essere ricacciati dalla polizia.
Ricordo dettagliatamente tutti i sorrisi delle migliaia di persone da ogni parte del mondo che ho incontrato, con gli occhi allegri e aperti alla vita. Ogni persona che ho conosciuto è una finestra sul mondo, una ventata d’aria fresca ed esotica, un tesoro da custodire. Mi ritrovo a dormire su un divano consumato o su una panchina all’aperto, o rieccomi sveglia per tutta la notte vicino ad un amico triste pur di non lasciarlo solo. Nulla importa, se non tutelare la seconda famiglia che ho trovato in questa pazza città. Posso dire con fierezza di aver conosciuto il vero sapore dell’amicizia, quel profumo di fratellanza che va oltre ogni distanza e che ti fa sentire ovunque al sicuro. Dentro di me c’è stato un secondo Big Bang, sconvolgente e straordinario.
Le diapositive scorrono veloci, arrivo alla fine, faccio un altro salto: si torna a casa. Svuoto la valigia, faccio una doccia, vado a riposare e sogno. Così il viaggio ricomincia. Quello che mi rendo conto di aver fatto, dopo, fra i volti della gente incrociata per strada, fra le vite sussurrate nei vagoni dei treni, fra nuovi amici e i momenti di solitudine, fra gli immensi viali e i vicoletti, fra le scene di vita quotidiana e le scelte che mi ricordano chi sono, chi siamo, e perché ci raccontiamo europei. Perché non lo posso descrivere, un viaggio così, se non attraverso le persone che mi hanno accolto e che ho conosciuto, facendomi sentire integrata e partecipe della loro cultura.
Mi accorgo di essere partita italiana, forse salentina, e di essere tornata con un’identità diversa. Più aperta, inclusiva, globale. Sono io e tutti gli altri: portoghesi, spagnoli, messicani, tedeschi, brasiliani, coreani, norvegesi, americani, belga, francesi. Ho tanti fili invisibili che mi tengono salda al resto del mondo. E concetti come patria, stato, ricchezza, classe, immigrazione, civiltà, cultura, tradizione, contrasto, voi, noi, io, si allargano come l’abbraccio con cui stringevo ospiti e compagni di viaggio includendo tutte le persone a cui ho sfiorato la vita, con la chiara consapevolezza che è soltanto per mio limite, e mio soltanto, se non riesco a stringerci il Mondo.
Perché se continuo a viaggiare, forse, partendo da europea arriverò a sentirmi semplicemente una persona.

God save Erasmus!

Martedì, 26 Marzo, 2013 - 00:06