Giuseppe Dossetti. Immagini di un cammino.
Inquietudine. E' la parola che mi viene in mente se dico "Giuseppe Dossetti". Sfiori la sua figura e ti resta dentro. Te ne allontani e in qualche modo ritorna a interrogarti e a risponderti. E non si sa in quale ordine lo faccia. E ti ritrovi inquieto, prima come cittadino di un paese che fatica a trovare una credibilità presso i propri stessi figli e poi come cristiano in una Chiesa che non si discosta dal Paese di cui sopra.
Ti tocca, ti rapisce e poi ti lascia un peso sulle spalle (che sia un ritrovato senso di responsabilità?). Puoi far finta di nulla, citando Melloni (presidente della Fondazione per le Scienze Religiose Giovanni XXIII) "Dossetti lo si denigra, lo si dimentica, lo si rimuove, ma poi ritorna come un'ossessione..una dossessione". L'hanno definito controverso, multiforme, riformatore sconfitto. Eppure lui la crisi che viviamo oggi la prevedeva già negli anni 50, una crisi non economica o di progresso, ma globale, che investe l’intera persona.
Collaborando con la Famiglia da lui stesso fondata alla composizione del testo "Giuseppe Dossetti Immagini di un cammino", pubblicato in occasione del centenario dalla nascita (13 Febbraio 2013), poi partecipando prima all'intitolazione a lui del Palazzo Universitario di Modena e Reggio Emilia, infine al ricordo del "Dossetti Costituente" presso Palazzo Montecitorio alla presenza del Presidente Napolitano, a emergere non è il desiderio di santificarne la figura, quanto quello di creare un "contatto".
Un contatto necessario.
Perché Dossetti è una figura silenziosa. Lo era. E lo è tutt'oggi. Il suo magnetismo forse è anche in questo in un tempo com il nostro, di "strilloni". E non basta conoscere il Dossetti politico, o il Dossetti religioso, il giurista o il monaco. L'uno non può essere scisso dall'altro, l'uno non esiste senza l'altro. Sono note le parole di Ardigò "C'era il politico nel monaco e il monaco nel politico". “Giuseppe Dossetti, Immagini di un Cammino” è un testo di 200 pag. (prezzo di copertina 25,00 €) in cui si ripercorre l'intera storia della sua vita per immagini, alle quali vengono affiancati testi editi e non, tratti da scritti o discorsi suoi, o di coloro che gli sono vissuti accanto. Cerchiamo questo contatto, allora, come si cerca un padre, una guida, una luce nel buio.
“Le figure atipiche sono le più difficili da affrontare per uno studioso di storia politica ed indubbiamente Giuseppe Dossetti appartiene a questa tipologia. Basterebbe cominciare dalla contraddizione in cui si imbatte subito chi rifletta sulla sua figura, che non è quella di un politico di professione, ma neppure quella di un ingenuo profeta disarmato […]. Credo che il ruolo politico di Dossetti risulti incomprensibile senza tenere presente questo quadro […]: non solo perché in caso contrario si finisce per trovare tutto contraddittorio o peggio per selezionare nell’esperienza unitaria di questo singolare personaggio alcuni lati, che, a seconda dei casi, si trovano “convenienti” per le proprie tesi, ma ancor più perché si perde l’itinerario di un uomo che passa attraverso la politica, ma che non ha quella come meta, anche se dimostra, nell’esercizio delle funzioni a questa legate, una capacità stupefacente per un uomo che se ne voleva costantemente staccare”. (P. Pombeni, Un riformatore cristiano nella ricostruzione della democrazia italiana).
“Un fatto veramente nuovo ed emergente – e perciò influente sulla storia che si sta svolgendo – sarebbe […] se da molti, anche non moltissimi cristiani di oggi e del prossimo domani, si riscoprisse e si attuasse nella propria vita l’autentico nucleo esplosivo dell’essere discepolo di Gesù Cristo. Perciò ho deciso di confessarvi e di motivarvi, in questo nostro incontro, quale è da tempo la mia unica ambizione (sia pure con tante persistenti contraddizioni) cioè quella di pervenire ad essere un autentico discepolo. Anche se un autore, che ho frequentato molto in questi ultimi decenni, mi ammonisce energicamente sulla portata e l’arduità di tale ambizione: mi riferisco a Ignazio, vescovo di Antiochia, […]. E se egli ancora diceva: «Meglio è tacere ed essere che parlando non essere», quanto meno io. Eppure il Signore mi ha dato, in tutti questi anni, una certa crescente lucidità su questo essere discepolo: talché mi sembra di poterne dire qualche cosa, pur con grande trepidazione, ancora ammonito dallo stesso Ignazio che «è bello insegnare, se colui che dice fa»”. (Giuseppe Dossetti, Il discepolato)
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