Frammenti da Corte Vinella
Galatina - A differenza dei palazzi nobiliari, che solitamente ostentano la loro ricchezza formale direttamente su strada con portali, balconi o loggiati dal decoro esuberante, Corte Vinella quasi si ritrae timidamente a custodire i suoi tesori da sguardi indiscreti. Dal portale bugnato su cui aggetta un mignano pensile, si viene catapultati in un mondo fantastico e sognante, una sorta di corte dei miracoli.
Subito sulla destra, a fare gli onori di casa, un corpo acefalo che sembra sorreggere uno scudo e che segna il caposcala, ma salendo la rampa la testa perduta la si ritrova incastonata nel mancorrente…è un cavaliere? Una polena di un vascello incagliatosi lì secoli prima?
La balaustra che sovrasta lo stemma gentilizio, vede riprodotti tra arabeschi floreali e in perfetta simmetria due cavalieri che con una lancia trafiggono delle bestie fantastiche. Sembrano dei leoni, ma perché non leggerci la figura di S. Giorgio che uccide il drago?
E poi dei putti danzanti che si tengono per mano, degli amorini che pare stiano suonando un corno.
Il mignano è lì a rompere momentaneamente l’introversione della corte, consentendo di partecipare, affacciandosi, alla vita sociale che si svolge nel vicolo antistante.
La pietra leccese traforata sembra suggerire il lavorio incessante di una merlettaia, è molto consunta e a tratti quasi scarnificata tanto da rammentare le concrezioni che colonizzano i fondali marini.
E per finire i due doccioni (?)– maschere apotropaiche che anticipano di secoli la linguaccia di un noto gruppo rock – che sbeffeggiano il male tenendolo lontano dalla vita della corte.
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