“Folgore Alberto”
Ho quaranta anni e in casa di Alberto Fortuzzi, ci sono in qualche modo cresciuto. Fin dall’arrivo del gas metano a Galatina, quando mio padre riconvertì il suo meraviglioso impianto di riscaldamento a circolazione naturale, montandovi una caldaia a gas metano. Alberto insieme al cognato Ninnillo Bellantuono fu tra i primi ad avere il gas metano. I lavori, durarono diversi giorni ed io giovanissimo ero sia tanto interessato al lavoro che si svolgeva, quanto al meraviglioso studio di Alberto, tutto interamente in legno e pieno di libri. Un giorno passandoci dentro, trovai Alberto intento a leggere un’enorme pianta cartacea. Mi guardò sorridente e mi disse “ Ehilà, giovane criminale, ti piace questa nave?”, mi avvicinai sorridendo, avevo poco più di diciotto anni e guardai l’enorme pianta. Alberto in quei tempi si dilettava nella trasformazione di una nave da rompighiaccio a nave per trasporto cemento. Come scordare questo?
Mi spiegò cosa stava facendo e giovanissimo rimasi esterrefatto! Chi avrebbe mai pensato che esistevano persone in grado di trasformare una nave!
I giorni passarono e Alberto goliardicamente mi battezzò “giovane criminale”, affermava che avevo lo sguardo furbetto! Passarono i giorni ed i lavori finirono, con immenso dispiacere mio, perché in ogni modo quella casa mi piaceva ed Alberto era sempre sorridente, allegro ed aveva una buona parola per tutti ed ora con il tempo, capisco, ripescando qualche sua frase, quanto potesse insegnare con poche parole, uno sguardo o uno dei suoi sorrisi.
Scoprì poco tempo dopo, che qualcosa ci accomunava e ci teneva in qualche modo legati a vita, un legame sacro che anche con diverse generazioni di distanza esisteva ed era unico. La Folgore ed il paracadutismo ci rendevano “FRATELLI”. Solo chi è stato nella brigata può capire cosa intendo, il poter pronunciare quella parola “Folgore”. Di tanto in tanto incontravo Alberto al supermercato, lo incontravo in cementeria, lo trovavo in bici, ai concerti del chiostro, in giro, oppure andavo a casa sua per la manutenzione della caldaia. Ovunque e sempre Alberto era sorridente, mi salutava sempre allo stesso modo “ehilà giovane criminale” e sorridendo gli rispondevo “Folgore Alberto” e lui “sempre Folgore” ricambiava con un sorriso. E così sono passati gli anni, finché non arrivò il suo libro “Alberto ed il cemento” che lui stesso mi portò in ufficio. Lo lessi quasi tutto ad un fiato, scoprendo ancora più cose su di lui, sul mio paese e sulla storia d’Italia potrei dire.
Non bastano di certo poche righe per rammentare tutti gli aneddoti, servirebbe molto tempo per scrivere tutto. Ma in fondo in fondo, Vi ho già detto abbastanza, il resto lo terrò per me, lo custodirò gelosamente nella testa e nel cuore e continuerò a ricordarmi di Alberto sempre con il sorriso, perché in fondo alla fine lui mi ha insegnato questo.
“Ora sei in quell’angolo di cielo riservato solo a noi dove vivono in eterno santi martiri ed eroi. Folgore Alberto come sempre e per sempre!”
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