Errori che segnano e insegnano

Il 4 novembre 1918, precisamente 98 anni fa, a Villa Giusti, presso Padova, l’Austria-Ungheria firmò l’armistizio con l’Italia. La guerra era finita. Finalmente. La Grande Guerra (1914-1918) per il suo carattere “totale” e tecnologico, ha segnato una profonda rottura nei modi di vivere e nella visione stessa del mondo. Per la prima volta si entrava in relazione con una “mondialità” che i conflitti verificatisi fino a quel tempo non avevano mai conosciuto. Una mondialità fin troppo crudele, portatrice di sangue, distruzione, immenso dolore. Un conflitto dissestante, una “inutile strage” (così definito da papa Benedetto XV) che alimentava sentimenti di odio, di disprezzo. Bisognava combattere per la propria patria, portare alto il nome della propria nazione. Guerra, guerra, guerra. Tutto il resto era il nulla, inconsiderabile. Impercettibili perfino i sentimenti di un’intera umanità sconvolta che implorava tregua, stanca delle tragedie di un conflitto devastante, straziante.
I soldati al fronte, esausti, manifestavano il proprio disappunto in comportamenti individuali quali la diserzione, la fuga, la simulazione di malattie fisiche e mentali, l’automutilazione. Logorati dalla guerra di trincea, dai massacri attuati e subiti, dalla paura di morire e dal rifiuto di uccidere, dalle vessazioni dei comandanti. La situazione italiana si identificava, dunque, in un incubo interminabile.
Insomma, una sofferenza distruttiva in grado di far fuori anche la più piccola luce di speranza insorgente. E cosa resta dell’uomo senza la speranza? La vita non scopre più un senso e anzi, smette di cercarlo. Il cuore prende a battere esprimendo, ad ogni pulsazione, un’angoscia che cresce, e cresce e cresce. Gli occhi non percepiscono più i colori, tutto è improvvisamente grigio, cupo. È quando fuori c’è il sole, ma è un sole diverso, triste; canticchiano anche gli uccelli, ma niente, son tristi anche quelli.
Sofferenza, la stessa che mise poco a dilagare fra la popolazione: razionamento dei generi alimentari, denutrizione, diffusione di epidemie. Poi la svolta. Iniziarono a crescere forze che chiedevano la fine del conflitto ed intense propagande a favore della pace.
Pace, quella condizione costantemente ricercata e che appaga riscoprendo l’unicità di se stessa.
Pace, quel segreto universale per un mondo buono, che regala armonia.
Pace. La Pace per una lunga guerra che, bramata, giunge segnando la fine di un periodo belligerante.

Oggi, a 98 anni da quel giorno, importante ricordare. Ricordare per non dimenticare. Errori che segnano e insegnano. La guerra fa male. “Guerra. Il periodo buio del valore e della speranza, dove un uomo è controllato dalla sua pistola, dove una pistola è controllata dal suo odio. Completamente incontrollabile.” (Daniel Ha).

Domenica, 6 Novembre, 2016 - 00:08