"È triste constatare quanta pochezza politica sussista nella nostra città"
Gentile Direttore, Mi chiedevo se ci fosse spazio nella sua testata per uno studente universitario. Sono uno studente galatinese di giurisprudenza e, da circa sei mesi, sono stato adottato dalla capitale. Mi ero ripromesso che avrei steso un velo di silenzio sull’attuale situazione elettorale presente in questi giorni bollenti nella nostra città. Tuttavia la distanza interposta tra Roma e Galatina non è stata sufficiente ad evitare un mio, probabilmente fallimentare, tentativo di comunicazione nei confronti della comunità.
Dunque le scrivo.
Le scrivo perché mi sento stanco. Sono stanco di dover assistere a questa mattanza d’idee, a questo menefreghismo condiviso, a questa passività abituale ed a senso unico. È triste constatare quanta pochezza “politica” sussista nella nostra città. Il mio, ormai ex, liceo classico (il Colonna) mi ha insegnato che “politica”, dal greco politikḗ , è l’arte che attiene alla “pólis” (la città) e, dalla stessa radice, proviene il termine “polī́tēs” (cittadini). Direttore, mi permetta di affermare che, dal basso dei miei vent’anni e della mia inesperienza, non rilevo l’esistenza né dell’arte né della presenza del cittadino. Ciò che vedo è solo un’opera teatrale, recitata anche abbastanza male, nella cui esibizione i protagonisti non si sono messi d’accordo. E dunque sono lì ad improvvisare, facendo la guerra con i manifesti appiccicati sugli espositori. Ignorano il fatto che i cittadini faticano a distinguere chi sia da una parte e chi sia dall’altra, supponendo che le parti esistano ancora. È curioso come, in particolar modo in periodo di campagna elettorale, la coerenza e la coscienza politica diventino quasi superflue. Per questo mi sento stanco. Sono stanco di vedere, ancora oggi, gli stessi soggetti che ricordo presenti da quando frequentavo la scuola d’infanzia (vorranno mica alleviare il mio senso di nostalgia?) che hanno semplicemente cambiato il nome delle loro liste ed hanno sostituito la vecchia foto sui manifesti (l’età avanza per tutti).
Ciò che non invecchia e non passa mai di moda è l’abitudine di votare “quiddhu” perché “è nu bravu cristianu”, dimenticando che l’essere brave persone e, magari, lo svolgere una professione riconosciuta, non sono requisiti sufficienti per amministrare una città. Non abbiamo più bisogno di nuovi attori. Abbiamo bisogno di idee, di passione incondizionata verso la politica. Abbiamo bisogno di dire che la nostra città va difesa ad ogni costo. La nostra città deve essere protetta da ogni abuso, da ogni sberla, anche da quella più velata. Abbiamo bisogno di urlare che lo stupro di questa terra è un crimine. Abbiamo il dovere di combattere la mentalità, fin troppo radicata, del culto della persona. Abbiamo il dovere di combattere contro uno sciacallaggio istituzionale celato in un “lei non sa chi sono io”, frutto di una prostituzione intellettuale che di certo non attiene alla storia della nostra città.
Bisogna guardarsi allo specchio e dire: si, la mafia esiste ed ora la distruggiamo. Ma tutto risulta quasi utopistico, per questo mi sento stanco. Ed è assurdo sentirsi demoralizzati alla mia età, ma le assicuro che siamo in tanti. Siamo in tanti a credere in un cambiamento, forse accecati dai sogni, forse sorretti dai nostri valori, forse immersi nella speranza romantica dei nostri vent’anni. Ed io ci spero ancora. Spero, un giorno, di poter essere rappresentato da qualcuno che comprenda tutto ciò, da qualcuno che possa scendere in campo con l’ottimismo di volontà, che sia cosciente di questo malanno sociale e che, nonostante tutto, combatta e faccia guarire. Qualcuno “che si candida” e non “che è candidato”. Abbiamo bisogno di esempi che fino ad ora non abbiamo avuto. Ma il mio non è un giambo nei confronti dei candidati sindaco (fatico ancora a contarli, si figuri), la mia è solo un’esortazione esasperata alla comunità di cui, orgogliosamente e nonostante tutto, faccio parte anche io.
Da quando la politica non scende in piazza e non ascolta, appare quasi naturale non parlare e non esporsi. Ma la passività annichilisce le teste, ed è necessario, ora più che mai, dare un segnale forte. Fino a quando la gente parlerà di politica come di un’entità strana e mutevole, come di un mestiere sporco e malvagio, scadendo nel populismo da bar, rinchiusi nella convinzione che tanto “è tutto inutile” perché “sono tutti uguali”, e fino a quando risulterà lontana ed irraggiungibile, fino ad allora non si potrà parlare di politica. Forse bisognerebbe coniare un nuovo termine per riassumere questa proiezione cinematografica, manca solo il pop corn. Galatina deve vedere, deve sentire, deve parlare. L’omertà e la passività declinate in ogni ambito ammaccano la democrazia. Invitando tutta la cittadinanza ad usufruire del diritto di voto, conquistato con sudore e fatica da chi la politica l’abbracciava con passione, la saluto.
Fiducioso di trovare uno spazio per queste poche righe, fiducioso di una rivoluzione culturale che possa esplodere roboante nella mia amata città che, di certo, non merita lo scempio a cui sono e siamo costretti ad assistere.
Rinnovando i miei saluti, la ringrazio e le auguro i miei migliori auguri di una felice Pasqua.
Lorenzo Candido
Gentile Lorenzo, spero che i candidati abbiano il tempo di leggere la tua lettera e darti una risposta che trasformi la tua speranza in realtà Ricambio di cuore i tuoi auguri. (d.v.)
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