E noi tre volte vent’anni
Tra precariato e pannelli solari, tra internet e scommesse, curriculum e colloqui, esami e concorsi e mentre cresce l’ansia vedi il tempo che avanza. Tra un lavoro a termine e un progetto, un’idea che già butti, una risposta che non arriva e la crisi che si avvicina. E quando c’è più voglia di fare, più voglia di creare, quando c’è più rabbia vedi intorno. Tolta ai “vent’anni” la speranza, tolti i sogni, la costruzione di una vita, tolto il senso alla parola “futuro”. Soffocati da una crisi profonda che toglie ogni certezza e nello stesso tempo accende la voglia di cambiare, la voglia di esserci, la voglia di lottare per qualcosa che si sta perdendo o si sta negando. Per chiedere indietro i diritti violati, il diritto allo studio, al lavoro, ad avere una famiglia, ad avere dei figli, per far comprendere le ragioni, far capire il disagio e sperare che l’aria cambi, che qualcosa si muova. Venti anni o più o meno, bisogna studiare, bisogna imparare, bisogna sperare, che la situazione migliori, che la crisi passi, che la ripresa cominci. Sperare che il debito cali, l’esportazione tiri e quando tutto è a posto sperando d’esser vivi.
E noi tre volte vent’anni, sempre meno felici, a condividere gioie e paure, emozioni e illusioni. A trovare sempre una parola giusta per dare fiducia, per dare un senso, per far capire che ogni brutto momento che la vita ti dà: passerà.
Caro Piero, 'tre volte vent'anni' è poesia pura. A dispetto di tutti quelli che pensano che le tue lettere siano un po' troppo intimiste ed eccessivamente surreali. Chi ti critica, troppo spesso, dimentica che rendersi conto di avere 'tre volte vent'anni' è un dono e non, banalmente, il risultato di una divisione. (d.v.)
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