Duro colpo alla SCU. Due nati a Galatina fra i 35 arrestati
I Carabinieri del R.O.S. e la Squadra Mobile della Questura di Lecce hanno eseguito congiuntamente un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. di Lecce, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, nei confronti di 43 indagati, appartenenti a vari gruppi mafiosi della frangia leccese della sacra corona unita, ritenuti responsabili, a vario titolo, di “associazione mafiosa”, “associazione finalizzata al traffico ed allo spaccio di sostanze stupefacenti”, “spaccio di sostanze stupefacenti”, “calunnia”, “favoreggiamento personale”, “rapina”, “estorsione”, “ricettazione”, “danneggiamento seguito da incendio”, “illecita concorrenza con minaccia e violenza”, “porto e detenzione illegale di armi”, tutti “aggravati dalle modalità e finalità mafiose”.
Sono due le persone, nate a Galatina, finite in carcere. Si tratta di A. B., 37 anni domiciliato a Melendugno, e G. M. M. di 40 anni, abitante a Lecce.
I provvedimenti cautelari sono scaturiti da due distinte attività d’indagine, riunite in un unico procedimento, condotte, in periodi differenti dalla Squadra Mobile della Questura di Lecce (Indagine “Terre D’Acaia”, aprile 2010 – settembre 2011) e dai Carabinieri del R.O.S. (Indagine “Alta Marea”, agosto 2012 – maggio 2013) nei confronti di esponenti di rilievo (capi clan e gregari) della frangia leccese della scu, operanti nel capoluogo e nell’area geografica posta a sud est e nella fascia costiera adriatica della Provincia di Lecce (comprendente i comuni di: Lecce, Vernole, Melendugno, Calimera, Lizzanello, Cavallino ed altri, con le rispettive “marine”).
In particolare, le indagini condotte dalla Polizia attraverso intercettazioni telefoniche ed ambientali, e con numerosi servizi di osservazione, controllo, perquisizione e sequestro, avrebbero consentito di acquisire elementi sull’attività della sacra corona e della parallela associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (in particolare dalla Spagna) sorta su impulso di Salvatore Rizzo (capo storico della sacra corona unita e già coinvolto nell’Operazione AUGUSTA condotta dal ROS nell’ottobre 2011) diretta da Andrea Leo e Alessandro Verardi(capi del Clan denominato “VERNEL”).
Particolare significato probatorio avrebbero assunto poi l’acquisizione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Giuseppe Manna rilasciate alla Mobile di Lecce e Alessandro Verardi (ascoltato dal ROS).
Nel dettaglio, le stesse dichiarazioni rese da Verardi avrebbero consentito ai militari del ROS, anche grazie ad una serie di intercettazioni telefoniche e di acquisizioni di corrispondenza fra detenuti, ma in particolare di intercettazioni ambientali, di ricostruire l’evolversi dell’organigramma e delle attività delittuose poste in essere dal gruppo ormai capeggiato in via esclusiva Leo dopo la collaborazione di Verardi.
Sarebbe stata anche accertata l’operatività del gruppo mafioso facente capo a Roberto Nisi, operante sul territorio della città di Lecce e dintorni; del gruppo mafioso facente capo a Pasquale Briganti, inteso Maurizio, pure operante in prevalenza nella città di Lecce e del gruppo mafioso facente capo alla famiglia di Bruno De Matteis operante su Merine e paesi vicini.
Le alleanze ed i contrasti tra questi gruppi avrebbero caratterizzato di fatto la vita dell’organizzazione facente capo a Leo e Verardi che, con il patronato di Totò Rizzo, avrebbe tentato sin dal 2010 di imporsi in maniera esclusiva sul territorio di appartenenza.
Di particolare rilevanza, riguardo a tale ultimo aspetto, si sarebbero rivelate le acquisizioni investigative sul controllo degli stabilimenti balneari insistenti sul litorale tra Torre Specchia e San Foca, con imposizione ai gestori degli stessi del pagamento del 25% sui ricavi e la gestione dei parcheggi delle zone circostanti, e con imposizione dei servizi di vigilanza ai lidi della marina di Vernole.
Nel dettaglio Verardi, nell’approssimarsi dell’estate 2011, di ritorno dalla Spagna, dove aveva trascorso un periodo di latitanza (prima di essere catturato dalla Squadra Mobile di Lecce) e gestito il traffico degli stupefacenti da quel paese, avrebbe organizzato l’esecuzione di una serie di estorsioni ai gestori degli stabilimenti balneari e di altri esercizi pubblici (bar e gelaterie) della costa adriatica del Salento e in particolare nei confronti di coloro che operavano nelle marine di Vernole e di Melendugno.
Era quello il periodo in cui lo stesso Verardi aveva stretto accordi con il gruppo di Nisi, interessato allo stesso illecito settore.
Nel complesso, l’indagine ha evidenziato i rapporti di cooperazione esistenti tra i principali sodalizi mafiosi leccesi, funzionali al controllo delle estorsioni e del traffico di stupefacenti (attività illecite riscontrate nelle indagini di Polizia e Carabinieri come “reati fine“ dell’associazione mafiosa), che si confermano i principali settori d’interesse illecito dei Clan mafiosi egemoni nell’ambito della s.c.u.
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