Dall’aberrante luteranesimo nazista al martirio di Dietrich Bonhoeffer

Dopo la sconfitta subita nella Prima Guerra Mondiale la Germania divenne una repubblica federale (9 novembre 1918), la cui costituzione fu redatta da una assemblea nazionale insediata nella città di Weimar, donde la denominazione  “Repubblica di Weimar”.
Questa repubblica federale nella sua breve e travagliata esistenza fu ben lungi dal risolvere gli enormi problemi politico–sociali della nazione, mentre sul piano religioso, sotto l’influenza del marxismo pre-bolscevico, assunse una posizione di totale laicità. Quindi nessuna chiesa cristiana (luterana o cattolica o riformata calvinista) era centralmente riconosciuta. Pertanto si ebbero 28 chiese regionali (una per ogni Land) organizzate secondo il diritto comune, ma senza rapporti con i  governi. Questo finì col generare la diffidenza dei fedeli nei riguardi  dell’ordinamento della Repubblica di Weimar. Nello stesso tempo i pastori e i fedeli luterani erano portati a vedere di buon occhio l’ascesa al potere di Adolf Hitler, il quale diventerà cancelliere del Terzo Reich il 30 gennaio 1933.
Il futuro Führer, nato nell’asburgica Austria da un padre nominalmente cattolico, ma anticlericale e scettico, e da una madre devota praticante cattolica, venne battezzato da bambino e cresimato all’età di 15 anni. Ma in età adulta non partecipò più alla messa e ai sacramenti, pur non abbandonando formalmente il cattolicesimo. 
Nella sua opera Mein Kamphf  termini quali “il Creatore”, il “Signore dell’universo” o “la provvidenza” sono molto frequenti, ma egli in privato  disprezzava a tal punto il Cristianesimo da sostenere che esso, con la sua morale della compassione, non fosse assolutamente compatibile con una “fede energica ed eroica in Dio e  nella natura”, che avrebbe dovuto essere propria del popolo tedesco; professava quindi una fede consistente in una sorta di fusione personale di immanentismo misticheggiante e neo-paganesimo, non privi di influenze teosofiche.

Il 24 febbraio 1920 in una birreria di Monaco espose i 25 punti  programmatici del  nazional-socialismo (nazismo) [ovvero dell’N.S.D.A.P.], dichiarando di voler riconoscere e proteggere ogni professione religiosa che non fosse contraria ai valori germanici e della razza ariana. In altri termini riteneva positiva ogni religione che si conformasse al nazional-socialismo, opponendosi all’ateismo marxista ed al giudaismo.
Nacque così una “Chiesa luterana tedesca” di stampo nazista, i cui aderenti erano detti “Cristiani Tedeschi”(Deutsche Christen).
Il motto di questi era «Una Nazione – Un Popolo – Una Chiesa»,  il loro grido di battaglia «La Germania è la nostra missione, Cristo la nostra forza». A dirigere la nuova chiesa, nata dall’unificazione delle 28 chiese regionali (una per Land), venne posto il “Vescovo di Stato”, nominato nella persona di Ludwig Müller, un oscuro pastore, i cui maggiori meriti erano quelli di essere stato un nazista della prima ora e di dimostrare una cieca ed assoluta fedeltà a Hitler. Comunque Muller fu in effetti un semplice esecutore degli ordini del Ministero degli Affari Religiosi, retto da Hanns Kerri, altro fervente nazista.

Riguardo al  primo Sinodo della “Chiesa luterana tedesca”, nel quotidiano inglese The Times del 17 aprile 1933 si leggeva: «Il grande Congresso dei “Cristiani Germanici” è stato tenuto nell’antico palazzo della Dieta prussiana per presentare le linee delle chiese evangeliche di Germania nel nuovo clima portato dal nazional-socialismo. Il pastore Hossenfelder ha cominciato enunciando: “Lutero ha detto che un contadino può essere più pio mentre ara la terra di una suora mentre prega. Noi diciamo che è vicino alla volontà di Dio un nazista dei Gruppi d’Assalto, quando combatte, mentre non lo è  una Chiesa che non si unisce al giubilo per il Terzo Reich. […]. Il pastore dottor Wieneke-Soldin ha aggiunto: “La croce a forma di svastica e la croce cristiana sono una cosa sola. Se Gesù dovesse apparire oggi tra noi sarebbe il leader della nostra lotta contro il marxismo e contro il cosmopolitismo antinazionale”. L’idea basilare di questo cristianesimo riformato è che l’Antico Testamento, essendo un libro ebraico, debba essere proibito nel culto e nelle scuole di catechismo domenicali. Il Congresso ha infine adottato questi due principi: 1) Dio mi ha creato tedesco. Essere tedesco è un dono del Signore. Dio vuole che mi batta per il mio germanesimo; 2) Servire in guerra non è una violazione della coscienza cristiana ma obbedienza a Dio.»

Detto Sinodo impressionò l’opinione pubblica di tutto il mondo anche perché tutti i pastori riuniti indossavano l’uniforme bruna, stivali e distintivi nazisti e nei loro sermoni non esitavano ad affermare che “Cristo è venuto a noi attraverso Hitler”.

Oltre alla menzionata volontà di cancellare l’autorità dell’Antico Testamento, motivo di grande perplessità erano  il proposito di ripulire il Nuovo Testamento dell’apporto del rabbino Paolo e dei suoi accoliti e, soprattutto, l’accoglimento del cosiddetto “Paragrafo Ariano” della legge 7 aprile 1933, il quale nella versione originale disponeva: “Gli impiegati pubblici che non sono di discendenza ariana devono essere messi a riposo. I titolari di cariche onorifiche devono essere licenziati dal loro ufficio”. Pertanto venne interdetta l’ordinazione di pastori non ariani e furono introdotte restrizioni per l’accesso al battesimo di chi non avesse buoni requisiti di sangue.
Ma non tutti i luterani tedeschi erano nazisti, poiché molti erano coloro che reagivano alle aberrazioni hitleriane.
Proprio reagendo all’introduzione del “Paragrafo Ariano”, nel settembre 1933, alcuni pastori berlinesi fra cui Martin Niemöller e Dietrich Bonhoeffer costituirono d’urgenza un’associazione, la quale da un lato dichiarò che il suddetto paragrafo era incompatibile con la fede cristiana, dall’altro organizzò l’assistenza alle persone colpite dalle misure razziali.
Tale gruppo formò il “Movimento Neoriformatore”, un precursore della “Chiesa Confessante”, la quale fu ufficialmente costituita con il Sinodo del 29/31 maggio 1934 a Wuppertal-Barmen. In tale occasione fu formulata la seguente “dichiarazione”, detta appunto di Barmen, che divenne il fondamento teologico della “Chiesa Confessante”: «Noi crediamo che Gesù Cristo, così come ci viene attestato nella Sacra Scrittura, sia l’unica parola di Dio. Ad essa dobbiamo prestare ascolto; in essa dobbiamo confidare e ad essa dobbiamo obbedire in vita e in morte.
Noi crediamo che, come Gesù Cristo rappresenta la grazia senza condizioni, il perdono di tutti i nostri peccati, così, con uguale serietà, egli sia l’espressione della forte pretesa che Dio fa valere nei confronti di tutta la nostra vita.
Per mezzo suo ci accade di sperimentare una felice liberazione dagli empi legami di questo mondo per un libero, riconoscente servizio alle sue creature.
Noi crediamo che la Chiesa cristiana sia la comunità di fratelli e sorelle in cui Gesù Cristo, nella parola e nel sacramento mediante lo Spirito Santo, agisce in modo presente come il Signore.
Essa è soltanto sua proprietà e desidera vivere soltanto della sua consolazione e della sua direttiva, nell’attesa della sua manifestazione.
Noi crediamo che i diversi ministeri nella Chiesa non legittimino alcuna supremazia degli uni sugli altri, bensì siano alla base dell’esercizio del servizio affidato e comandato a tutta la comunità.
Noi crediamo che la Chiesa faccia appello al regno di Dio, al suo comandamento e alla sua giustizia e perciò debba ricordare ai governanti e ai governati le loro responsabilità.
Essa si affida ed obbedisce alla potenza della parola mediante la quale Dio regge ogni cosa.
Noi crediamo che il compito della Chiesa, fondamento della libertà, consista nel rivolgere a tutto il popolo la notizia della libera grazia di Dio.» 

La “dichiarazione di Barmen” ribadiva  la centralità di Cristo quale fondamento della fede della Chiesa e respingeva quindi criteri e istanze estranee ai principi cristiani e dunque anche le pretese totalitarie del regime nazista nonché il tentativo di appropriarsi del messaggio evangelico per scopi politici.
Dopo il sinodo andarono costituendosi molte comunità legate alla Chiesa confessante, che rifiutavano di sottomettersi alle gerarchie ufficiali della Chiesa del Terzo Reich.
Come già detto, quando nel settembre 1933 il Sinodo nazionale della Chiesa evangelica hitleriana approvò il “paragrafo ariano”, in prima linea per dichiarare l’incompatibilità dello stesso con la fede cristiana fu Dietrich Bonhoeffer, nato a Breslavia il 4 febbraio 1906, il quale, oltre ad essere pastore luterano a Berlino, era  docente universitario di teologia, pioniere del movimento ecumenico internazionale, scrittore prolifico e poeta nonché figura centrale nella lotta contro il regime nazista.   

Bonhoeffer non si limitò a collaborare alla formazione del “Movimento Neoriformatore”, in quanto nello stesso tempo si impegnò ad informare e sensibilizzare il movimento ecumenico sulla gravità della situazione, rifiutò il posto di pastore a Berlino, per solidarietà con coloro che venivano esclusi dal ministero per ragioni razziali, e decise di trasferirsi in una congregazione di lingua tedesca  a Londra. Nell’aprile 1935 tornò in Germania per dirigere, prima a Zingst e poi a Finkenwalde, un seminario clandestino per la formazione di pastori per la Chiesa Confessante, che fu chiuso dalla Gestapo nel settembre 1937. Successivamente egli continuò in clandestinità l’attività d’insegnante, ma nel gennaio 1938 la Gestapo lo bandì da Berlino e nel settembre 1940 gli vietò di parlare in pubblico. Intanto nel 1939 egli si era avvicinato ad un gruppo di resistenza e cospirazione contro Hitler, del quale gruppo fu lui il legame fondamentale tra il movimento ecumenico internazionale e la cospirazione contro il nazismo. La sua attività per aiutare un gruppo di ebrei ad uscire dalla Germania portò alla sua carcerazione nell’aprile 1943. Durante i due anni di prigionia che precedettero la sua morte, nelle lettere all’amico Eberhard Bethge esplorò il significato della fede cristiana in un “mondo diventato adulto”, chiedendosi: “ Chi è Cristo per noi oggi? Il cristianesimo è troppo spesso fuggito dal mondo, cercando di trovare un ultimo rifugio per Dio in un angolo “religioso”, al sicuro dalla scienza e dal pensiero critico. Ma Bonhoeffer affermò che è proprio l’umanità nella sua forza e maturità che Dio reclama e trasforma in Gesù Cristo “la persona per gli altri”.
Dopo un fallito attentato contro Hitler il 20 luglio 1944, , Bonhoeffer fu trasferito nella prigione di Berlino, poi nel campo di concentramento di Buchenwald e infine in quello di Flossembürg, dove fu impiccato insieme ad altri cospiratori il 9 aprile 1945.
Fra i numerosi scritti del martire Dietrich Bonhoeffer c’è la poesia “Luce”, riportata qui di seguito, nella quale è evidente l’assoluto affidamento dell’autore a Dio, sola vera luce che illumina la sua solitudine, fa cessare in lui paura e amarezza, mentre gli indica la retta via da percorrere.

Luce
In me è buio, ma da te c’è luce
io sono solo, ma tu non mi lasci
sono pusillanime, ma da te c’è aiuto
sono irrequieto, ma da te c’è pace
in me c’è amarezza, ma da te c’è pazienza
le tue vie non comprendo, ma tu conosci
la retta via per me


                                                                                                     

Sabato, 3 Settembre, 2016 - 00:06