Cresce la Rete Stroke pugliese
La Rete Stroke pugliese vicina alla meta. Se ne parlerà durante il workshop regionale organizzato a Lecce per il 23 marzo 2018 (ore 9,30, Hilton Garden Inn) da “Angels Initiative”, un’iniziativa internazionale no profit della European Stroke Organization (ESO). All’evento leccese hanno collaborato, come responsabili scientifici, Giorgio Trianni (direttore UOC Neurologia Ospedale “Vito Fazzi” di Lecce), Leonardo Barbarini (medico galatinese, responsabile Stroke Unit “Vito Fazzi” di Lecce) e Vincenzo Lucivero (responsabile Stroke Unit ospedale “Dimiccoli” di Barletta).
Proprio il lavoro quotidiano affrontato nella Stroke Unit della Neurologia dell’Ospedale “Vito Fazzi”, rappresenta uno degli esempi più apprezzati nella gestione dell’ictus. Nel 2015, infatti, la Stroke Unit leccese è entrata tra i primi dieci centri specializzati in Italia (con 99 casi), mentre nel 2016 è cresciuta ancora riuscendo a trattare (con trombolisi venosa o mista) 110 pazienti, circa il 35 per cento dei casi simili registrati in sette centri pugliesi (314, più 25 trombectomie). Procedure aumentate in maniera sensibile anche nel 2017, quando si è toccata quota 165 fra trattamenti endovenosi (158) e misti (5), oltre a 2 trombectomie, attestando l’unità operativa leccese tra le migliori in Puglia.
E’ ormai stabilito e consolidato, del resto, che le Stroke Unit (SU) non sono solo indispensabili per effettuare in sicurezza le terapie d’urgenza, ma salvano vite “di per sé”, soprattutto grazie alla specializzazione del personale medico e paramedico, alla capacità di gestione delle complicanze, alla capacità di rapida diagnosi eziologica con conseguente prevenzione secondaria e alla riabilitazione precoce. Con un fattore d’intervento, il tempo, che fa la differenza in termini di danno cerebrale, aspettativa di vita, invalidità più o meno grave e recupero delle funzioni.
Prospettive su cui ragionare e buone pratiche da “allenare”, come è avvenuto lo scorso 16 marzo nell’ospedale “Vito Fazzi”, durante la simulazione di un “percorso ictus” in cui si è visto all’opera lo Stroke team multidisciplinare chiamato a limare i tempi e a ottimizzare le procedure all’interno delle quattro ore e mezza raccomandate dalle linee guida – e perfettamente rispettate dalla Stroke Unit del Fazzi - dall’insorgenza dei sintomi dell’ictus alla trombolisi somministrata per sciogliere il coagulo e limitare il danno neurologico.
Un pezzo importante di un percorso più ampio e complesso, su cui si è impegnata negli ultimi anni la Regione Puglia, attivando alcune Stroke Unit e affidando la loro realizzazione alle singole Direzioni Aziendali, secondo quanto indicato dalle linee guida nazionali e internazionali. Ciò ha consentito di avviare nelle neurologie pugliesi un processo iniziale di gestione del paziente con ictus in fase acuta. Attualmente è in corso un forte impegno da parte dell’Amministrazione Regionale e dell’ARESS Puglia per sviluppare una adeguata rete assistenziale per l’ictus.
In questo contesto, Angels si propone di affiancare il processo di riorganizzazione della Rete Stroke regionale con un incontro che mira a favorire il confronto tra le diverse figure appartenenti al percorso ictus, rafforzare la community regionale e standardizzare i percorsi in prospettiva dell’applicazione del nuovo PDTA Ictus regionale.
Il workshop leccese (accreditato ECM per 80 partecipanti) sarà dunque la prima occasione - e altre ne seguiranno coinvolgendo, oltre ai neurologi, diverse figure specialistiche - per fare il punto della situazione a livello regionale, con un focus sulla Rete ictus ospedaliera, sull’emergenza territoriale e sull’esperienza dell’ARES Toscana; una seconda sessione sarà dedicata alla gestione in fase iper-acuta, con un confronto sull’attività di otto stroke unit regionali; la sessione finale sarà quindi riservata alla gestione in fase acuta, approfondendo il fondamentale ruolo dell’infermiere nel monitoraggio e nell’organizzazione del lavoro nella Stroke Unit e il tema della riabilitazione precoce: ultima ma non meno importante fase sia per i benefici sul paziente, che recupera più velocemente, sia per i vantaggi per la struttura sanitaria, poiché calano sensibilmente i giorni di degenza.
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