Controlli e controllori

E' da tempo che la democrazia non è più in grado di risolvere il problema dell'esistenza, accanto a un potere visibile, di un potere invisibile. Come potremmo spiegare, anche in Italia, la guerra accesa tra i poteri dello Stato, tra procure, tra magistrati, tra Enti, tra Comuni e Città, tra Regioni e Comuni in modo aperto ma anche occulto, quando proprio da costoro dovremmo attenderci controllo e giustizia? Kant nell'Appendice alla Pace perpetua sostiene che "tutte le azioni relative al diritto di altri uomini, la cui massima non è suscettibile di pubblicità, sono ingiuste" e da questo punto di vista risulta ovvio l'obbligo di pubblicità di tutti gli atti governativi non solo per far conoscere al cittadino l'operato dei detentori del potere e dunque il loro controllo, ma anche perchè tale pubblicità costituisce già di per sè una forma di controllo. Il controllo del potere, tra l'altro, è ancora più impellente in un momento in cui i mezzi tecnici che sono a sua disposizione per controllare i cittadini si sono ampliati di molto rispetto al passato. Ma proprio per questo motivo si fa ancora più pressante la domanda "chi controlla i controllori?", la cui risposta è basilare per poter garantire un governo visibile ipotizzato dal pensiero democratico. L’attesa che possa arrivare la bacchetta magica del potere pubblico in grado di donarci un mondo migliore a cui ciascuno di noi tende, tranne poi ad averne una propria particolarissima visione, non produrrà mai utili risultati. E’ da ipocriti lamentarsi di mancati provvedimenti da parte delle Autorità competenti, protestare, e poi far parte di gruppi di pressione che bloccano tutto in quanto i rimedi attuati toccano i propri interessi che, con sofismi giuridici, si cerca di tutelare con la tattica del rinvio (tanto un rinvio non si nega a nessuno), pur di eludere il fastidio. Si potrebbe migliorare l’immagine del posto in cui viviamo, rendendolo idoneo al dialogo costruttivo per affrontare problemi concreti piuttosto che girare a vuoto attorno ai massimi sistemi o a minimi interessi di questo o quel gruppo?
Infine la competenza – oggi tanto calpestata, come si può ricavare da tante promozioni di presidenti di consigli di amministrazione di organismi statali e parastatali, dalla ripartizione delle direzioni generali per le aziende sanitarie nazionali – potrebbe risollevarci dalla disgregazione nefasta che ci attanaglia, in cui la coscienza dei singoli progressivamente si scinde da quella collettiva;  forse eviteremmo crisi e violenza, con la conseguente tendenza alla dissoluzione dei meccanismi di appartenenza a gruppi e istituzioni capaci di rendere stabili la propria coesione interna e di gestire le proprie trasformazioni.
Da qui anche una apatia politica che non promette nulla di buono e una società priva di ideali di rinnovamento graduale che dovrebbe avvenire con il dibattito aperto e libero delle idee per poter permettere la nascita di capovolgimenti sociali silenziosi ma efficaci. (G.D’Oria)

 

 

Giovedì, 28 Giugno, 2018 - 00:03