Come vanno le startup di Unisalento?

Cosa funziona e cosa non funziona quando la Regione e altri Enti locali si impegnano a “scoprire” nuove startup tecnologiche e a sostenerne il rischio imprenditoriale di avvio? Alcune risposte vengono da uno studio condotto alla fine del 2015 dal Laboratorio di Ingegneria Gestionale dell’Università del Salento (guidato dalla professoressa Giuseppina Passiante), realizzato da Gianluca Elia e Mario Marinazzo nell’ambito del progetto PON “VINCENTE - A Virtual collective INtelligenCe ENvironment to develop sustainable Technology Entrepreneurship ecosystems” (progetto guidato dal distretto tecnologico pugliese Dhitech).
Sono state analizzate 36 startup tecnologiche che, dal 2008 al 2014, sulla base dei piani d’impresa presentati hanno ricevuto contributi variabili fra le poche migliaia e le centinaia di migliaia di euro, assegnati in competizioni pubbliche (Start Cup Puglia e Valore Assoluto) e finanziati con Fondi Europei.
Si tratta di un campione di imprese che non è rappresentativo di tutte le startup nate in Puglia nello stesso periodo (alcune delle quali con ottimi risultati) ma che, essendo state selezionate da giurie di esperti, dovrebbero avere un maggiore potenziale di successo.
Invece, delle 36 startup analizzate:

  • 26 non fatturano nemmeno un euro;
  • 31 non hanno nemmeno un addetto;
  • 9 non sono mai transitate dallo stato di “idea imprenditoriale” a quello di “impresa”, oppure risultano in liquidazione o inattive.

Hanno avuto un significativo impatto socio-economico sul territorio regionale, misurato dalla compresenza di addetti e fatturato, tre sole startup: Echolight (Lecce), Biofordrug (Bari) e Safewheat (Bari), animate da gruppi di ricerca molto attivi.
Sulla base di un metodo di analisi di ampia diffusione negli USA che guarda sei dimensioni fondamentali di una startup (forza del team, dimensioni dell’opportunità sul mercato, forza dell’idea e proprietà intellettuale, contesto competitivo, vendite/canali/partnership, necessità di finanziamenti), è stata valutata anche la “qualità” e il “potenziale imprenditoriale” delle idee premiate: il 20% delle idee sono in fascia alta, il 20% circa si colloca in fascia bassa, mentre il restante 60% è in fascia intermedia.
Nel confronto con i dati che si rilevano nei contesti “maturi”, le startup premiate in competizioni di business plan in Puglia dal 2008 al 2014 hanno fatto registrare una “mortalità infantile” molto elevata (da 2 a 4 volte di più) e una “sopravvivenza” problematica: «Tranne le citate eccezioni», sottolineano i ricercatori, «le startup che sopravvivono lo fanno soprattutto grazie alla rete di protezione dei finanziamenti pubblici, producendo occupazione e valore per il mercato pochi o nulli. A queste condizioni, le politiche pubbliche nostrane hanno come risultato più evidente quello di ‘picking the winner’, ovvero agevolano chi comunque sarebbe andato avanti anche a meno dei finanziamenti pubblici, ottenendo successo sia nel mercato dei capitali sia in quello dei prodotti commerciali. È evidente la contraddizione», rilevano gli autori dello studio, «fra la strategia dichiarata di dare luogo a nuovi ecosistemi imprenditoriali innovativi e il risultato reale di creare, invece, ecosistemi che educano a una imprenditorialità comoda e garantita».
Per la crescita e lo sviluppo di imprenditorialità innovativa occorrerebbe invece, secondo i ricercatori, una “manovra sistemica e integrata” in grado di:

  • attrarre talenti (soprattutto in ambito internazionale) e non solo investimenti;
  • consolidare e sviluppare il potenziale di imprenditorialità innovativa già esistente sul territorio, mediante innesti basati su relazioni e collaborazioni internazionali;
  • attuare metodi di apprendimento innovativi e contenuti trasversali già nella scuola secondaria superiore, oltre che negli studi universitari, che integrino le specializzazioni disciplinari con la creatività, il rischio e la pratica dell’intrapresa;
  • promuovere forme di finanziamento basate sulla connessione diretta tra i nuovi imprenditori ed i potenziali finanziatori, puntando sul giudizio professionale di questi ultimi piuttosto che esclusivamente su quello di giurie concorsuali;
  • sostenere processi imprenditoriali originati dentro le imprese pugliesi di successo, anche mediante la contaminazione con soggetti operanti nel mondo della ricerca.
Sabato, 16 Gennaio, 2016 - 00:03