"Ci vediamo"

Ci salutammo con tanti bei progetti, tante belle parole, percorrendo sommariamente tutte le occasioni che ci avrebbero fatto incontrare di nuovo. -Ci vediamo- feci io. -Senz’altro – rispose  lui.Da quel ci vediamo in poi, passarono vent’anni. Tutte le occasioni che avevamo immaginato, per un motivo o per un altro saltarono.
Lui viveva in un paese del nord-est. Era molto conosciuto e molto apprezzato. Ci aveva detto con una battuta – vado a fare fortuna -. E la fortuna l’aveva fatta davvero. Insomma era uno che ce l’aveva fatta.
Io invece me l’ero cavata restando nel mio paese.
C’eravamo completamente dimenticati l’uno dell’altro, sino a quando una bella mattina d’estate, in un BAR dove m’ero fermato per un caffè, mi capita quasi a fianco un signore distinto, una di quelle persone che ti sembra di conoscere o che sei sicuro di conoscere, ma non riesci a ricordare né dove né quando l'hai incontrate.
L’avevo visto scambiare qualche parola con il proprietario del bar, per cui per togliermi la curiosità gli chiesi chi fosse. Era lui, non mi sbagliavo. Feci un salto fuori, diedi un rapido sguardo intorno, ma era sparito.
Per tutta la giornata sperai di incontrarlo in giro. Era agosto, era in ferie e lo era solo per pochi giorni. Chiesi più volte se da quel bar fosse ancora passato, mi dissero di “no”.
Avevamo detto – ci vediamo – che eravamo ragazzi e ci siamo ritrovati più avanti negli anni. Lui aveva i capelli biondi e lunghi e ora ne aveva pochi e corti,  io avevo i capelli castano chiaro e ondulati e ora erano tutti bianchi. Un po’ di rughe e qualche chilo in più non mancavano a entrambi.
Per incontrarlo nuovamente passarono ben dieci anni e fu bello quando mi accorsi che anche lui ricordava tanti particolari di “quelli che erano stati i nostri giorni”. Passammo insieme un’ora che ci sembrò un attimo, ci incontrammo casualmente nello stesso punto dove ci incontravamo trenta anni prima,  nell’angolo  della villa di fronte all’AMERICAN BAR.
Era l’angolo della villa dove ci incontravamo tutti i santi giorni, la nostra meta, il nostro ritrovo. Quanti ricordi, quante storie, quante serata in quell’angolo di villa che aveva conosciuto tutta la gioventù della mia generazione.
Era quasi l’una quando cominciarono ad arrivare in villa i primi studenti, ma“a lu pizzu de la villa” non si fermava più nessuno, aveva perduto la sua “storia”, la sua memoria , la sua importanza.
Ci salutammo che un po’ ci dispiaceva e con la voglia di rivederci ancora.
Lui fece – ci vediamo – .
Ed io – certo-.
E quella volta mantenemmo la parola.
Forse per il piacere di raccontarci, di ricordare, riprendere un discorso interrotto per oltre trent’anni.
C’eravamo lasciati parlando di sogni, di viaggi, dell’INTER, ed ora parlavamo dei figli, dei loro pensieri, dei loro desideri. Nei giorni  che seguirono, ci parlammo a lungo,  ci parlammo dei nostri momenti felici  e dei momenti difficili.
Ricordavamo ancora i nostri professori, le loro materie , le loro lezioni.
Pensavamo che quell’ora di latino non sarebbe passata mai ed eran passati trent’anni.

Domenica, 11 Dicembre, 2016 - 00:05