"Che colpa ha Paolo per patire tutto ciò?"

Una persona “diversamente abile non collaborante” ha atteso sette mesi per avere una risposta da Asl Lecce. Il diritto costituzionale di essere curati dallo Stato

Salve Direttore, Le scrive una famiglia galatinese che ha voglia di condividere con voi e con i vostri lettori una storia di “ordinaria” malasanità che ha visto come incolpevole protagonista il nostro amato Paolo, un “eterno ragazzo” diversamente abile di 38 anni, affetto dalla nascita da una rarissima malattia a causa della quale, tra l'altro, non è in grado di parlare ed esprimersi. E non è un caso isolato, un episodio sporadico e “sfortunato” quello nel quale ci siamo imbattuti, ma, al pari di ogni altro paziente “diversamente abile non collaborante”, una vergogna quotidiana perpetrata ai danni di soggetti deboli ed indifesi. Il racconto di quanto accaduto a Paolo deve far riflettere tutti noi perché è indegno di un paese che si professi civile. Ringraziamo anticipatamente.
Antonio Maria Rolli ed i familiari di Paolo

Avete presente il mal di denti? Quello improvviso, che toglie il sonno, che fa montare la cefalea, che è incontrollabile. Ed il nostro approccio? La ricerca spasmodica di un sollievo, di un antidolorifico e di un appuntamento dal dentista quanto prima? In questo “calvario” che ci porterà sulla poltrona più temuta di tutte, immaginatevi da soli, in una stanza senza porte, senza finestre, vuota. Immaginate che quel dolore sia per voi qualcosa di nuovo, di inspiegabile, mai conosciuto prima, non rapportabile all’esterno. Finirete con l’impazzire. Oppure, immaginate che in quella stanza, isolata dal mondo, ci sia il vostro affetto più caro. Voi, spettatori di questo Grande Fratello dell’orrore, sarete inermi, cristallizzi ed impotenti: potrete solo assistere a quel costante e straziante lamento, senza poter far nulla per dare sollievo e conforto al vostro amato. Oggi ed ogni giorno, in quella stanza senza porte, senza finestre, vuota, è rinchiuso e vive un “diversamente abile non collaborante”. Solo, lui ed il suo maledetto mal di denti, del quale non potrà mai dire a nessuno. Ho trascorso molto tempo a riflettere circa l'utilità di scrivere queste poche righe, le ho sentite da un lato figlie del mio diritto di indignarmi, quasi consolatorio, curativo. Dall'altro, invece, come un dovere morale: portare fuori dal circuito familiare questa brutta esperienza e scuotere quanti possano fare breccia ed aprire un varco in quella stanza, senza porte, senza finestre, vuota, che è la condizione di incomunicabilità del diversamente abile affetto da una qualsiasi patologia, e che richieda delle cure in presidio sanitario pubblico. Voglio reclamare il suo sacrosanto diritto costituzionale di poter curare, al pari di tutti noi normodotati, anche un maledettissimo mal di denti! La storia in questione, o meglio lo scempio, nasce, appunto, da un banale mal di denti di un mio caro, di un nostro caro, che è purtroppo rinchiuso da sempre in quella stanza senza porte, senza finestre, vuota, ma che ha un nome: Paolo, per noi Paolino.
Che colpa ha Paolo per patire tutto ciò? Paolo è stato solo sfortunato! Si, perché la differenza tra me e lui, tra lui e voi, l'unica, è data dalla fortuna, non da una scelta: potevo essere io il Paolo della situazione, e poteva esserlo ognuno di voi. E poi c’è poi il cuore di una mamma, che non vuole fare solo la spettatrice a quel Grande Fratello dell'orrore, una donna forte e tenace, anche vedova, che attraverso l'analisi di piccoli segnali ha saputo subito leggere e cogliere quel maledetto dolore ai denti, nonostante la barriera impenetrabile dell’incomunicabilità.
La stanza che conta, poi, diventa un'altra: quella dei bottoni, in via Miglietta, della Direzione Generale (di Asl Lecce, ndr), la stanza dove si prendono le decisioni. Li ci si arriva con una semplice e cordiale email, su suggerimento diretto del personale operante nel reparto di Odontostomatologia del Vito Fazzi di Lecce: dopo 7 lunghi mesi di vana attesa, nei quali Paolo è solo un nome su una lista, si prova l'ultima strada della richiesta diretta al Direttore Generale.
È davvero necessario arrivare a tanto? Cosa altro occorre fare per avere la possibilità di effettuare una visita odontoiatrica che necessiti di un blocco operatorio, dove sedare il ragazzo per poi essere curato per il suo mal di denti? Oltretutto frustrando ulteriormente una mamma esasperata da mesi di attesa con negli occhi un figlio sofferente!
Lo sconforto diviene rabbia: nessuna risposta scritta, nessuna comunicazione nel merito, nessuna soluzione alternativa. Solo un freddo contatto telefonico con un referente di turno che comunica che ancora non è disponibile alcun blocco operatorio. Dopo 7 mesi! Il problema di Paolo è un problema all'ordine del giorno, per il quale solo chi opera sul campo mette la faccia, e spesso (metaforicamente) prende gli schiaffi. E lo abbiamo letto e sentito direttamente negli occhi e nelle parole degli operatori del reparto, nella loro rabbia e impotenza, nell’incitare la mamma di Paolo a continuare a cercare un contatto diretto con la Direzione Generale. Ed in tante altre loro parole, forse sfuggite per l’esasperazione, dove ci raccontano che per chi amministra la questione di Paolo è una delle tante derubricata a “grana da risolvere”. Con l'aggiunta di racconti di pseudo sabotaggi volti a potenziare altre strutture locali che operano gli stessi servizi, dove si palesano non meglio precisate “scelte politiche”, “interessi”, “personalismi”...
Ma Paolo ha il mal di denti, e non mangia e non dorme la notte. Da 7 mesi. Queste cose non gli recano alcun sollievo. Lui è inconsapevole vittima di un sistema autocelebrativo, fatto di inaugurazioni e marchette varie, di visite ai plessi ospedalieri di vari esponenti politici, inopportunamente fatte a ridosso delle elezioni (dove anche il Direttore Generale si presta a fare da Cicerone…), di proclami su siti internet che inneggiano a servizi di eccellenza e riportano numeri di telefono ai quali non risponderà nessuno. E quando qualcuno lo farà, sarà solo per sentirsi dire, per l'ennesima volta, ”abbiamo annotato il suo caso, appena possibile sarà richiamato”.
Ma il tempo passa, 7 mesi, e Paolo è ancora in quella stanza senza porte, senza finestre, vuota, lui ed il suo maledettissimo mal di denti. Il “diversamente abile non collaborante” non è un nome su una lista, è Paolo, Paolino! Ed a Paolo, ai tanti Paolo, deve andare il pensiero costante di ogni buon amministratore, ogni giorno, ogni momento. Quasi in modo ossessivo.
Siamo noi la loro voce, siamo noi le loro braccia: dobbiamo a loro delle risposte, tra l'altro, a semplici domande. La sanità pubblica di un grande Paese come il nostro, fatto di medici e di professionisti preparati ed esemplari, può impiegare 7 mesi per fissare un appuntamento ad un ragazzo in queste condizioni? E, tra l'altro, la risposta tardiva al diritto di cura può arrivare solo dopo essere stata “estorta” sotto la minaccia di un esposto alla Procura della Repubblica? Ora che si sente puzza di bruciato?
Senza essere fuoriclasse o illuminati, basterebbe guardare (forse proprio copiare…) gli approcci risolutivi, lineari nella strutturazione e messa in esecuzione, che hanno permesso al nostro Paolo di curare il suo mal di denti, rivolgendosi, però, ad una locale struttura sanitaria privata.
Con importante sacrificio economico della famiglia. Perché Paolo ha il diritto sacrosanto e costituzionale di essere curato dalla sanità pubblica gratuitamente ed in tempi ragionevolmente congrui. Perché una mamma ed un papà non devono elemosinare soluzioni, risposte e vivere questo scempio indegno di una società civile. Perché chi è preposto a risolvere queste problematiche, e non ne ha le capacità, la lungimiranza, deve andare a fare altro nella vita. E lo deve fare anche per il proprio bene. Perché Paolo a volte ci si nasce, a volte ci si diventa. Essere o non essere Paolo, come detto prima, è solo una questione di fortuna…

Mercoledì, 5 Agosto, 2020 - 00:07