Carteddrate e porceddrhuzzi, le origini e la ricetta originale

Cari Amici, vorrei continuare a parlarvi di prelibatezze leccesi legate agli eventi e alle feste. Pochi giorni fa avevo parlato della “puccia dell’Immacolata”, tipico pane di grano paffuto che si consuma la vigilia dell’8 Dicembre dopo una mattinata di digiuno; oggi parlerò di un fiore all’occhiello dei dolci pugliesi, il simbolo dell’allegria, dell’esultanza e della festa: le carteddrate e li porceddruzzi . Per i pugliesi, costituiscono il dolce natalizio per antonomasia, mentre un tempo erano un dolce chiamato a suggellare molte liete occasioni in ogni periodo dell’anno.
La vera origine di queste sublimi e gustose strisce di pasta foggiate in vario modo (rombi, strisce arrotolate, losanghe ecc), fritte e passate nel miele o nel vincotto, è incerta. L’unica testimonianza certa ce la fornisce il registro spese delle domeniche, datato 1762,  dell’Ospizio dei Pellegrini di San Nicola di Bari, dalle monache Benedettine di Santa Scolastica. Probabile, quindi, come tante prelibatezze dolciarie siano nate proprio in qualche convento e da lì, pian piano, diffuse in tutta la Regione.
Questo dolce ha un complicato metodo di preparazione, ma per le nostre mamme, un tempo, era momento di raccoglimento tra amici e parenti, tutti attorno al tavolo di lavoro con le maniche rimboccate a preparare queste prelibatezze. Forse, è per quello che dobbiamo mantenere le tradizioni culinarie, non solo per gustare tali delizie, perché sia il pretesto dello stare insieme e unire familiari ormai troppo lontani. Qualche giorno fa parlavo di questo con l’amica Rosanna, che mi raccontava della figlia che quasi snobbava la Puccia dell’Immacolata, come per dire: c’è dell’altro da mangiare.
A me piace pensare che mantenere queste tradizioni sia saggio; perché queste pietanze, come mangiare le “zeppole” e la “Tria e Ciciari” il giorno di San Giuseppe o la “frittata di pane” l’ultimo giorno di Carnevale o condire la pasta asciutta con le briciole di pane fritte, al posto del formaggio, la domenica delle Palme ecc. sono parte della nostra cultura, sono parte della nostra identità e, sinceramente, non possiamo permetterci di trascurare tali usanze. 

Preparazione
Ingredienti: Kg.1 di farina di grano duro setacciata o farina di grano tenero tipo 00, g.200 vino bianco secco, g.100 di olio d’oliva, Kg.1 di miele o vincotto, aromi vari.

Impastare la farina con l’olio e il vino con un pizzico di sale fino, si amalgama il tutto sino a che ne risulti una pasta compatta. Questa viene raccolta a palle e lasciata riposare un paio d’ore avvolta in un panno. Quindi si infarina leggermente la spianatoia, vi si pone sopra parte dell’impasto, lo si stente con l’aiuto del mattarello, sino a ricavarne delle sfoglie molto sottili. Con un tagliapasta dentellato si ricavano rombi, losanghe, forme floreali, ecc. Si friggono in olio bollente aromatizzato, a piacere, con bucce di limone o di arance; si tirano fuori ben dorate e si lasciano asciugare dell’olio in eccesso sulla carta assorbente.
Si 'confettano' immergendole nel miele riscaldato a bagnomaria o bagnandole con vincotto. Sistemandole in una terrina si guarniscono con mandole tostate, confettini colorati, pinoli, scagliette di cioccolato, aromatizzare con cannella, chiodi di garofano ecc.

Nel Salento, con lo stesso procedimento delle carteddrate, si producono dei piccoli gnocchi, chiamati “porceddruzzi”,  simili agli struffoli partenopei; E qua c’è da sottolineare la vicinanza della nostra Città ai dolci e alla cucina napoletana. Frutto delle competenze dei maestri cuochi e pasticceri napoletani (con la loro pasta frolla, indispensabile per il pasticciotto), che Maria D’Enghien portò con se da Napoli, dopo un periodo di prigionia nella corte del Re Ladislao I di Durazzo, ma questa… è un’altra storia.

Martedì, 16 Dicembre, 2014 - 00:07