Binari paralleli

C’è un punto in fondo a due binari, lungo quella prospettiva che tutti possiamo cogliere quando li fissiamo all’infinito, in cui tutto si conclude. Quel punto afferma che due linee parallele si incontrano. Contro ogni logica, quel punto racconta del nostro inconsapevole “fine corsa”.
Ci racconta come nelle quotidiane gioie e solitudini le nostre vite scorrano, ed attendano e s’incontrino a volte lungo una “direzione ostinata e contraria” (cit).
E così immagino come le storie di ognuno, raccolte in semplici nomi comuni di persona, abbiano avuto tutte un proprio binario ed un proprio treno su cui raccontare degli affetti familiari, dell’impegno quotidiano per lo studio o il lavoro.
Anche ascoltando la narrazione di un dramma può capitare di ritrovarsi nel nome, come nella personale esperienza di vita.
Binari paralleli su cui scorrono vite parallele ma in direzione opposta, di corsa, a cento all’ora. Vite che esplodono, tra gli ulivi, nella terra rossa. Vite comuni, volti come i nostri.
Ce ne facciamo una ragione pensando che sia il destino a segnare il nostro arrivo in una stazione diversa? Forse, e questo accade perché il dolore, oltre la nostra soglia, deve essere acquietato, compensato. Riconosciamo nel destino l’ammaestratore del nostro dolore.
Non c’è alcun “perchè” che ci dia una ragione.
Conosciamo la retorica del “mai più”, la retorica per un sud a “binario unico”, conosciamo anche il valore della solidarietà e del silenzio.
Riconosciamo gli sguardi di chi ha capito che non c’è nessuno da aspettare. E’ lì che siamo veramente, in quegli sguardi. E non è cordoglio, non è “sentita partecipazione”, neanche tristezza.
E’ solo il punto, in fondo a due binari, che noi non avevamo visto.

 

 

Giovedì, 14 Luglio, 2016 - 00:07