"Assurdo smontare i pontili di Otranto"
La vicenda del porto turistico di Otranto rappresenta un caso emblematico dell’assurdità burocratica che imperversa ormai nel Paese, e che tende a bloccare ogni iniziativa, anche le più utili ed urgenti. Una località turistica come la nostra città, che con la sua particolare localizzazione geografica sul canale d’Otranto, rappresenta da sempre il naturale approdo per quanti navigano nell’Adriatico, non può non dotarsi di un’infrastrutturazione portuale adeguata alle esigenze di una nautica da diporto moderna. Per rispondere alle numerose sollecitazioni provenienti dal territorio e dal flusso turistico costituito dai numerosissimi natanti che durante l’arco dell’anno chiedono ormeggio sulla nostra costa, l’Amministrazione Comunale dal 2007 ha avviato una politica di riqualificazione dei servizi portuali, prevedendo la realizzazione di un nuovo marina esterno (da realizzarsi con intervento di privati investitori) e la realizzazione di un approdo turistico comunale all’interno della baia attuale. Troppi anni sono stati necessari per acquisire le autorizzazioni dei due suddetti progetti, che alla fine sono arrivate. Ma in entrambe le procedure amministrative si è assistito, sin dall’inizio, ad un contrasto aperto della Soprintendenza locale che ha cercato in ogni modo di boicottare le aspettative della Comunità, non solo otrantina, di poter vedere il porto vivere tutto l’anno ed offrire quei servizi utili a quanti amano il mare. Per superare il parere negativo della Soprintendenza al progetto del nuovo porto esterno si è dovuti ricorrere addirittura ad una deliberazione del Consiglio dei Ministri che ha censurato l’operato del proprio Ministero dei beni culturali. In sede di conferenza dei servizi del porto esterno, la Soprintendenza per esprimere il proprio parere negativo aveva proposto di puntare sull’ampliamento degli ormeggi all’interno, dichiarando: “nello spirito di collaborazione, si suggerisce di valutare, quale possibile alternativa, un intervento progettuale di riqualificazione del porto esistente”
È stata, quindi, la stessa Soprintendenza a perorare l’ampliamento dei banchinamenti di ormeggio all’interno dell’attuale bacino portuale. Salvo, però, rimangiarsi tutto subito dopo nel momento in cui il Comune ha presentato il progetto dell’approdo turistico interno, al quale la Soprintendenza rispondeva imponendo una prescrizione di stagionalità con obbligo di smontaggio e rimontaggio ogni sei mesi. La stessa ha stabilito che le opere di banchinamento previste in ampliamento all’attuale bacino portuale sarebbero sì compatibili con il contesto paesaggistico in cui collocate, ma solo in estate, mentre d’inverno diventerebbero, non si comprende il perché, incompatibili. Una simile conclusione è platealmente affetta da illogicità ed irragionevolezza. Invero un’opera o è sempre compatibile con il contesto paesaggistico, o non lo è mai, soprattutto visto che in questo caso del nostro porto, il quadro paesaggistico d’insieme resta immutato durante le stagioni. E’ evidente che tale pretesa di stagionalità stride fortemente con le politiche di destagionalizzazione che, invece, il territorio regionale tutto cerca di porre in essere per incrementare i flussi turistici. Ma anche con la natura delle attività portuali in genere (il diportismo, la pesca, il commercio) per nulla stagionali, e che anzi, per certi versi, si incrementano proprio durante la stagione invernale in cui si ha più libertà di navigazione senza le limitazioni a tutela dei bagnanti che insistono d’estate. Tutto ciò provocherebbe un irreparabile danno all’economia di un settore rappresentato da centinaia di piccole imprese e da numerosa forza lavoro occupata. Ma a parte la contraddittorietà evidenziata sopra, entrando nel merito delle valutazioni si può, senza dubbio di smentita, affermare che le opere realizzate dei pontili galleggianti non interferiscono affatto con la visuale dei monumenti storici tutelai da vincolo. Pertanto, è evidentemente escluso che i pontili progettati possano comportare “alterazione permanente dell’integrità visiva e della cornice ambientale dei beni tutelati”, come sostenuto dal Soprintendente nel proprio parere. Si aggiunga che la Soprintendenza non ha mai avuto nulla da obbiettare su tutti gli altri pontili che pure insistono nella stessa baia da anni, quasi tutti su pali, e neanche per il pontile galleggiante ultimo realizzato da un privato nel nostro porto, dopo quello del Comune, che non hanno mai vista imposta la prescrizione di smontaggio e rimontaggio. In ogni caso il Comune, nel cercare di adempiere alla prescrizione imposta, ha valutato la fattibilità dello smontaggio/rimontaggio, elaborando un progetto specifico.
Da tale analisi è scaturita la consapevolezza che le aspettative della Soprintendenza, con l’attività di sgombero dei pontili galleggianti, e cioè di “mitigare l’impatto paesaggistico” e “restituire l’integrità panoramica” nei sei mesi non estivi, paradossalmente verrebbero non solo disattese ma maggiormente compromesse dalla presenza di un cantiere che sarebbe pressoché permanente. I pontili galleggianti hanno ingombro e peso notevoli e richiedono, per essere rimossi dallo specchio acqueo, mezzi di sollevamento e di trasporto di grandi dimensioni per poter poi essere posizionati nell’unica area possibile rappresentata dal molo S. Nicola, cioè il braccio di protezione del porto destinato all’attracco delle grandi navi turistiche e mercantili. Conseguenza di ciò sarebbe la complicata e rischiosa, per la sicurezza della navigazione dei natanti nel porto, attività di trasporto in acqua dei cassoni, e il non poco impattante, dal punto di vista paesaggistico, stoccaggio degli stessi in banchina che realizzerebbe un ingombro visivo pari ad un edificio di circa 400 mq per un’altezza di circa tre piani.
Dalle relazioni dei tecnici incaricati si legge che molti componenti dei pontili, una volta smontati subirebbero danni irreversibili, per cui non si tratterebbe semplicemente di smontaggio e rimontaggio dell’opera, ma di vera e propria demolizione e ricostruzione del porto ogni sei mesi. Tutto ciò comporta una insostenibilità anche economica di tali operazioni richieste, in quanto si è stimato un computo metrico di circa 800.000,00 (ottocentomila) euro di costi a carico della collettivià da sostenere ogni anno.
Dal punto di vista ambientale si avrebbero serissime conseguenze legate alle attività dei mezzi che è necessario impiegare in tali operazioni, con particolare riferimento all’inquinamento dell’aria, acustico, e ai danni sulla flora, sulla fauna e sull’ecosistema marino. Inoltre, si è stimato che i lavori eseguiti in mare e durante la stagione invernale, con costanti mareggiate nel canale d’Otranto, richiederebbero una presenza del cantiere, fra smontaggio e rimontaggio ragionevolmente non inferiore a cinque mesi all’anno, con un paradossale effetto: - che i lavori periodici di rimontaggio dovrebbero essere avviati pressoché in coincidenza con l’ultimazione delle operazioni di smontaggio, quasi senza soluzione di continuità; - che quello specchio acqueo sarebbe comunque ingombrato anche nei sei mesi in cui non possono utilizzarsi i pontili e per di più da ben più impattanti motonavi di cantiere. Quindi, la mitigazione dell’impatto paesaggistico ed il ripristino dell’integrità panoramica, ossia di quei valori che la Soprintendenza dice di voler preservare, verrebbero così, invece, gravemente lesi.
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