Assenteismo e disinteresse
Alle elezioni del 4 marzo, secondo i dati del Viminale, l'affluenza si è attestata intorno al 73%. Un calo di due punti percentuali rispetto alle Politiche del 2013, quando però si votò anche il lunedì mattina. In questa tornata elettorale ha votato il 72,9% degli aventi diritto per la Camera e il 73,01% per il Senato. Si tratta del risultato più basso della storia repubblicana per una elezione politica nazionale, fa notare l'Istituto Cattaneo.
L’allarmante problema dell’astensionismo che cresce di volume dovrebbe essere al centro dell’attenzione di molte considerazioni politiche e la diserzione dalle urne potrebbe essere più pericolosa di un voto contrario. Ma l’attuale indifferenza sembra prevalere rispetto alla passione politica, con una pigrizia che domina la scena e spinge verso una livellata inerzia. E’ probabile che le persone che aumentano la loro sfiducia nello Stato si manifestano proprio con un astensionismo, a sua volta frutto anche di una giustificata indolenza e acquiescenza passiva. Il Paese sembra apparentemente rassegnato, incapace di fare i conti con il suo passato, studiare e capire il presente e, di conseguenza, riottoso nel cercare di indagare sul futuro.
Le motivazioni possono ricercarsi in una miriade di elementi ma, tra questi, sicuramente la variegata molteplicità di liste che hanno da tempo ripudiato il merito di sani ideali partitici ed anche da colpevoli politici che vogliono esporsi ad una gigantesca baraonda senza carattere, senza regole, con strumenti inidonei.
Regna una boriosa ed apparente sicumera che comporta alterazione immensa che, a sua volta, facilita potentati noti o sotterranei. Attecchiscono così sprezzanti egoismi, disordini amministrativi che non concedono spazio ad una cosiddetta società civile tanto magnificata…a parole!!!
Un processo di maturità sarebbe obbligato e salutare anche in considerazione del fatto che, dati i tempi che corrono, la qualità della vita civica, la funzionalità dei servizi, l’abbattimento delle spese superflue, con uno scambio di risorse umane, potrebbero diventare giovevole consolidamento ed accrescimento di concordanza nell’affrontare problemi di ordine generale. Forse immaginando perfino una giusta proporzione di rappresentanza del servizio politico, nel senso più nobile della parola, cementato da buone cose pensate ed attuate da qualificate persone. Non si tratta di travolgere idee e formazioni personali di ciascuno ma, vinta l’accecante frenesia di vincere e dominare ad ogni costo, partire dalla società dinamica in quanto tale, facendola diventare veramente programma di base su cui fondare le azioni serie e razionali da cui, poi, far scaturire la crescita di un paese. Quest’ultima si compie e si completa se, in consonanza, corrono assieme la buona società, la buona politica, una buona economia di mercato. E’ però anche chiaro che nulla si può realizzare se le tre espressioni, complementari e sussidiarie, non hanno particolare attenzione di priorità verso la collettività, fondamento da cui possa defluire la qualità della politica e della economia. Si dice ancora che, a rimedio, occorre restituire il primato alla politica. Sicuramente dignitoso esordio ma, al momento, molto sfumato. Intanto, ed in senso appropriato, dovremmo essere tutti chiamati a trovare rimedi, indirizzandoci verso le fondamentali scelte del nostro vivere cittadino, pubblico e privato, che deve contrastare le attuali condizioni di allarme che agitano la stessa vita. (G.D’Oria)
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